USA: con il Dieselgate, Volkswagen ha parcheggiato in 37 “cimiteri” oltre 300.000 auto ritirate

Negli Usa lo scandalo Dieselgate ha costretto la Volkswagen a riacquistare migliaia di auto equipaggiate con il truffaldino defeat device. Al momento le vetture non possono ancora essere rivendute o esportate.

USA: con il Dieselgate, Volkswagen ha parcheggiato in 37 “cimiteri” oltre 300.000 auto ritirate

Quello scoppiato a settembre 2015 è senza dubbio uno degli scandali più grandi che hanno interessato il mondo dell’auto. A rimanere coinvolta è stata la Volkswagen, la quale aveva installato un defeat device sui propri motori diesel, ovvero un dispositivo creato al solo fine di raggirare le norme sulle emissioni inquinanti.

A distanza di oltre due anni da quello che è stato tristemente soprannominato Dieselgate, mettendo a confronto l’Europa con gli Stati Uniti è facile scoprire che le conseguenze di questo scandalo abbiano avuto ripercussioni assai differenti. Nel Vecchio Continente al clamore iniziale ha fatto seguito una gestione della crisi molto in sordina; Oltreoceano a farla da padrone è stata invece l’intransigenza.

Negli Stati Uniti la casa di Wolfsburg è stata costretta a riacquistare oltre 300mila auto vendute ai propri clienti. Al 31 dicembre 2017 l’operazione che gli americani hanno chiamato “buyback”, ha riguardato un totale di 335mila autovetture. Il programma di ritiro concordato con le autorità statunitensi e costato la modica cifra di 7 miliardi di dollari, ha determinato anche un non indifferente problema a livello logistico.

Per stoccare le auto ritirate dal mercato, Volkswagen ha dovuto dotarsi di 37 enormi depositi. Per l’occasione sono stati utilizzati enormi spazi dismessi come ad esempio stadi o vecchi impianti produttivi. La sistemazione di queste autovetture rimane comunque del tutto provvisoria. In merito, l’ultima parola spetterà al governo a stelle e strisce, con il quale la casa di Wolfsburg spera di spuntare un accordo soddisfacente.

Diversamente, non potendo aggiornare i software dei motori così come avvenuto in Europa, il rischio sarebbe quello di rendere inutilizzabili i motori. La loro definitiva soppressione avverrebbe praticando un foro di tre pollici all’interno del monoblocco dei 2.0 TDI incriminati. Il resto verrebbe invece smontato e rivenduto come pezzi di ricambio.

Per scongiurare questa ipotesi, i dirigenti e i legali della società tedesca continuano a trattare con le autorità statunitensi. Nel frattempo si adoperano per mantenere in efficienza questo enorme parco auto, tutte vetture destinate ad essere rimesse in commercio oltreconfine una volta ricevuto l’ok dell’amministrazione americana.

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