Marchionne appoggia Trump sulla questione dazi auto

Fortemente voluti dall’amministrazione Trump, i dazi sulle auto hanno sollevato un vespaio di polemiche. Tra chi però condivide la posizione del presidente degli Stati Uniti c’è Sergio Marchionne. Vediamo cosa ha detto in merito.

Marchionne appoggia Trump sulla questione dazi auto

Sin dal suo insediamento alla Casa Bianca, la politica di Trump si è caratterizzata per uno spiccato taglio protezionistico. Negli ultimi giorni questa posizione è stata ulteriormente ribadita, arrivando a sostenere la necessità di incrementare i dazi sulle auto importate negli Stati Uniti.

Ma la sola minaccia di ottuplicare le tariffe ha scatenato un vero e proprio pandemonio su scala internazionale. Per molti costruttori, un provvedimento volto a portare i dazi dal 2,5% al 20% non può essere sostenibile. Senza poi dimenticare che equivarrebbe ad un casus belli, capace di scatenare una guerra commerciale dagli esiti imprevedibili.

Diversi esperti hanno già condannato questa scelta etichettandola come suicida. Le prime stime parlano addirittura di un aggravio di costi per gli acquirenti americani di ben 45 miliardi di dollari all’anno. In altre parole i dazi cancellerebbero in un colpo solo tutti i vantaggi della riforma fiscale voluta da Trump.

Se la maggioranza degli addetti del settore vede le tariffe come il fumo negli occhi, una voce fuori dal coro è stata espressa da Sergio Marchionne, numero uno di Fca. “Capisco la posizione di Trump, politicamente la capisco”. Per l’amministrazione delegato è innegabile che esistano negli squilibri negli scambi commerciali, anomalie che Trump cerca di correggere con il suo modo di fare molto diretto. “L’estetica del processo impaurisce, perché è immediato. L’obiettivo alla fine sarà un altro, quello di ricucire questi rapporti. Io credo che ci sarà una base su cui ristabilire un equilibrio, diverso da quello di adesso”.

Sul problema delle possibili ritorsioni commerciali, l’a.d. ha poi aggiunto che “non sono la fine del mondo”. L’unica accortezza sarebbe però quella di non esagerare troppo con la risposta. Pur ammettendo che la Germania sia stata sino ad oggi la maggior beneficiaria dell’interscambio con gli Stati Uniti, è altrettanto vero che una risposta troppo dura da parte dell’Europa potrebbe aprire a degli scenari potenzialmente imponderabili.

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