Opere d’arte per evadere le tasse: ecco l’ultima moda del riciclaggio

Evadere le tasse mediante la compravendita di opere d'arte è un'attività sempre più diffusa, come ha recentemente confermato un'inchiesta de L'Espresso. E gli stessi galleristi ammettono: "Funziona così".

Opere d’arte per evadere le tasse: ecco l’ultima moda del riciclaggio

Le opere d’arte rappresentano una delle più grandi anomalie del capitalismo, per via di una loro peculiare qualità intrinseca: tecnicamente, non hanno un valore quantificabile in materia di utilità diretta (al contrario di altri beni di lusso, come ad esempio una villa o un’automobile sportiva). Pertanto la stima di quanto vil denaro debba essere messo sull’altro piatto della bilancia per andare a pari, è sempre un qualcosa di estremamente soggettivo.

Certo, è ben risaputo che alcune opere d’arte siano molto più costose rispetto ad altre, ma quando si tratta di battere un pezzo all’asta, il suo valore può subire oscillazioni davvero clamorose. Come nel caso delle “Donne di Algeri“, dipinto di Pablo Picasso venduto per 31 milioni di dollari nel 1997 sebbene il suo valore fosse stao stimato in “soli” 12 milioni.

Nel 2015, diciotto anni più tardi, quella stessa opera è stata nuovamente ceduta; stavolta per la cifra monstre di 179 milioni di euro. Una pluslvalenza incredibile, ma che rende chiaro come risulti estremamente difficile stimare l’effettivo valore di capolavori dell’arte anche per chi è avvezzo al loro studio. Tant’è che proprio in questo campo viene non di rado utilizzato l’aggettivo: inestimabile.

Fatto sta che anche per questa ragione le opere d’arte sono diventate nel tempo sempre più interessanti per gli evasori fiscali come Edemar Cid Ferreira, citato da “L’Espresso” come uno dei personaggi più emblematici ed iconici di questa nuova mescolanza tra l’arte e la criminalità organizzata: il banchiere brasiliano venne condannato a 21 anni di prigione per l’accusa di bancarotta fraudolenta, e la sua intera collezione venne messa all’asta per risarcire i creditori.

Il prezioso dipinto “Hannibal” di Jean-Michel Basquiat, realizzato nel 1982 ma già diventato opera cult, venne così confiscato al banchiere arrestato e battuto a Londra lo scorso ottobre per la cifra di 12,5 milioni di dollari; ebbene, la pinacoteca di Ferreira poteva vantare circa 700 quadri mentre l’intera collezione contava oltre 12.000 tra dipinti, sculture ed altre opere. Sarà dunque facile comprendere, date queste premesse, perché sia ragionevolmente impossibile stimarne il valore complessivo. Ma perché utilizzare proprio l’arte per il riciclaggio?

Il commercio delle opere d’arte è il meno controllabile di tutti. L’identificazione degli oggetti è particolarmente delicata ed il valore di un oggetto è spesso soggettivo, difficile da determinare.Le somme in gioco sono notevoli” ha spiegato la fiscalista Virginie Heem, la quale ha identificato proprio in quelle oscillazioni di prezzo stratosferiche ed apparentemente aleatorie un ottimo modo per “gonfiare legalmente” patrimoni già smisurati a costo zero.

Con un effetto massacrante per l’arte stessa dal momento che, come sottolinea l’Associazione per la ricerca sui crimini contro l’arte, il riciclaggio di denaro effettuato attraverso questi mezzi garantirebbe guadagni annuali per circa 6 miliardi di dollari alla criminalità organizzata; più o meno quanto il traffico di droga.

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