Pirateria in Internet: guai in vista per Google e Facebook

Una sentenza dichiara illegale Pirate Bay. La Corte di Giustizia Ue richiama alla responsabilità gli intermediari, come Google e Facebook, che organizzano il materiale traendo profitto dalla pubblicità.

Pirateria in Internet: guai in vista per Google e Facebook

Google-YouTube e Facebook sono tra le multinazionali che una sentenza della Corte di Giustizia Ue ha richiamato a una maggiore responsabilità sui contenuti illegali che gli utenti caricano nei loro spazi. Secondo il presidente della Federazione musicale italiana, Enzo Mazza, e l’avvocato esperto di diritto d’autore, Fulvio Sarzana, lo sviluppo economico delle grandi multinazionali è stato generato proprio dai contenuti caricati dagli utenti.

La sentenza fa chiaro riferimento a Pirate Bay, che ancora una volta viene dichiarata illegale. Pirate Bay è una piattaforma torrent che permette agli utenti di condividere opere presenti sui propri computer.

La Corte afferma che, quando un utente posta un video, o un brano musicale, sulle piattaforme online, praticamente fa “comunicazione al pubblico” e – per questo motivo – se le opere sono protette, dovrebbero essere autorizzate dal titolare. Pirate Bay è responsabile: “pur ammettendo che le opere sono state messe online dagli utenti, la Corte sottolinea che gli amministratori della piattaforma svolgono un ruolo imprescindibile nella loro messa a disposizione“, come accade, ad esempio, nella indicizzazione dei file torrent”.

Inoltre, gli amministratori di The Pirate Bay sanno che la piattaforma dà accesso a qualsiasi opera, comprese quelle pubblicate senza la dovuta autorizzazione. Il problema sussiste per il fatto che la piattaforma, attraverso la pubblicità, trae considerevoli profitti

Mazza pensa che Google abbia collaborato contro la pirateria, infatti – ogni volta che gli venivano segnalati contenuti illegali – li eliminava ma, secondo lui, “non è abbastanza. Non è un intervento abbastanza efficace“, parere condiviso quasi da tutti all’interno dell’industria del copyright.

Le regole che hanno permesso alle grandi multinazionali di far fortuna, perché considerate neutrali nei confronti di ciò che gli utenti pubblicavano, stanno cambiando: l’organizzazione dei contenuti da loro effettuata è analoga a Pirate Bay, secondo Mazza, che continua sottolineando che la riforma del copyright, che a livello di Unione europea è in corso, dovrà tenere conto di questa sentenza.

Dello stesso parere Sarzana: “la sentenza è una brutta notizia, anzi una vera tragedia, per quelli come Google, perché dice che chi organizza il materiale pubblicato dagli utenti, con filtri o indicizzazione, è responsabile“.  I cyberlocker, pur conservando interi archivi di opere anche con diritti d’autore, non indicizzate né organizzate, non vengono nemmeno sfiorati dalla sentenza.

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