Nonostante Google sia stata selezionata come “migliore azienda dove lavorare“, oggi, lo stesso colosso di Mountain View corre il serio rischio di dover risarcire i propri dipendenti (oltre 65 mila) per la policy utilizzata, relativa alle informazioni confidenziali aziendali.
A far scoppiare il caso, è stato un product manager alle dipendenze di Google, il quale ha fatto causa alla compagnia, sostenendo che, dal suo punto di vista, la policy – che impone l’azienda presso la quale presta servizio – viola le leggi sul lavoro della California.
Il sito The Informant rende noto che, tra i documenti depositati, ve ne siano alcuni che dimostrerebbero l’esistenza di un programma interno, il quale servirebbe per “spiare” i propri dipendenti e, quindi, evitare che essi stessi possano divulgare notizie, ed eventuali strategie, che l’azienda è in procinto di valutare.
Per fare un esempio, una delle clausole imposte dall’azienda prevede che i propri dipendenti, prima di pubblicare e/o divulgare qualsiasi notizia relativa al lavoro svolto nella Silicon Valley, debbano avere l’approvazione finale della società.
Secondo il sito Engadget, se la causa andasse avanti, e Google venisse dichiarata colpevole, potrebbe arrivare a pagare una multa che, molto probabilmente, supererebbe la quota di 3,8 miliardi di dollari: ogni dipendente percepirebbe un indennizzo di circa 14 mila e 600 dollari: il resto toccherebbe allo Stato della California
Google, tramite un suo portavoce, dice di essere sorpresa di quanto stia avvenendo, affermando che “questa causa è priva di fondamento, (perché in azienda) si crede fermamente in una cultura interna aperta, il che significa che – frequentemente – si condividono con i dipendenti dettagli sui lanci dei prodotti, e informazioni confidenziali sul business. (Certo) la trasparenza è una componente enorme della cultura di Google” e questo fa sì che tali restrizioni siano atte a proteggere le “informazioni di business proprietarie” senza che questo, comunque, impedisca – allo stesso tempo – “alle persone di comunicare informazioni legate alle loro condizioni di impiego, né questioni legate all’ambiente di lavoro“.