Spotify e le case discografiche: guerra in corso

Le case discografiche stanno cercando di trovare un nuovo accordo con Spotify, visto che sui 60 milioni di utenti attivi, solo 15 milioni sono abbonati al servizio a pagamento e la restante parte degli utenti attivi sfrutta il servizio in maniera gratuita

Spotify e le case discografiche: guerra in corso

Al giorno d’oggi, tutti ascoltano la musica in streaming e possiamo tranquillamente affermare che lo streaming è il modo più diffuso di fruizione musicale. Questo nuovo modo di ascoltare musica sta diventando sempre più preponderante, al punto che anche la Apple, la mitica casa di produzione dell’iPod, prevede di lanciare un servizio di musica in streaming durante il 2015.

Tuttavia, è di queste ultime ore la notizia che Spotify, il player streaming più utilizzato ed apprezzato del momento, con oltre 60 milioni di utenti attivi, stia attraversando qualche piccolo problemino. Il punto è che le case discografiche stanno cercando di trovare un nuovo accordo con Spotify, visto che sui 60 milioni di utenti attivi, solo 15 milioni sono abbonati al servizio a pagamento e la restante parte degli utenti attivi sfrutta il servizio in maniera del tutto gratuita.

Come molti di voi sapranno già, infatti, è possibile utilizzare Spotify gratuitamente ascoltando gli annunci pubblicitari e accontentandosi di alcune limitazioni, che però sono attive solo su iPhone. Facendo un calcolo veloce, circa 45 milioni di utenti hanno, in questo modo, grazie ad una semplice connessione alla rete, la possibilità di ascoltare gratuitamente tutta la musica di cui hanno voglia, senza alcun limite.

Questo, però, non va affatto bene alle case discografiche. Diverse case discografiche, capeggiate dalla Universal Music (il CEO della compagnia, Lucian Grainge, nel corso della conferenza Code/Media si è detto frustrato e scontento dei servizi gratuiti offerti da Spotify e altri competitor simili ed ha sostenuto l’importanza di incoraggiare modalità a pagamento e in abbonamento), vogliono rinegoziare gli accordi con Spotify, diminuendo il numero di brani disponibili nel database o aggiungendo un limite di tempo all’ascolto gratuito per convincere il maggior numero possibile di utenti ad abbonarsi al servizio a pagamento.

Vedremo come andrà a finire. Certo è che grazie al servizio offerto da Spotify la pirateria musicale è ai minimi storici, perché la sua forza, che lo rende molto popolare, sta proprio nel fatto di consentire l’ascolto di musica in modo illimitato nonché gratuito, anche se con qualche piccolo limite.

C’è da chiedersi, se gli utenti saranno costretti a metter mano al portafogli, quanti pagheranno senza protestare?

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