Vienna: impiantata su tre pazienti mano bionica comandata dal pensiero

Presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Vienna sono stati eseguiti con successo tre interventi per l'impianto di una mano bionica comandata dal pensiero, nuova speranza per pazienti affetti da lesioni al plesso brachiale

Vienna: impiantata su tre pazienti mano bionica comandata dal pensiero

Durante sport particolarmente pericolosi si corre il rischio di avere brutti incidenti che lasciano segni indelebili per tutta la vita. E’ quello che è successo a tre uomini austriaci: dopo un violento incidente tutti e tre hanno subito lesioni al ‘plesso brachiale’, che è un complesso sistema di nervi che parte dalla spina dorsale e porta l’informazione elettrica, fondamentale per il movimento, in tutte le parti del braccio, dalla spalla alla mano. Se il danno avviene a livello della spalla, l’informazione di comando del braccio che parte dal cervello non riesce più a raggiungere la mano che quindi non può più muoversi e perde sensibilità. Il malcapitato non può più quindi controllare la mano, che rimane come un’appendice inutilizzabile. Per questo tipo di traumi attualmente non esiste una cura.

Secondo quanto scritto dalla rivista Lancet, è arrivata però una soluzione alternativa per queste persone. Il gruppo di Oskar Aszmann dell’Università di Vienna in collaborazione con l’italiano Dario Farina, direttore del Dipartimento di Ingegneria della Neuroriabilitazione dell’Università di Göttingen in Germania, ha portato a termine tra il 2011 e il 2014 un intervento sui tre austriaci che è stato battezzato come “Ricostruzione Bionica“.

In pratica nei tre pazienti il plesso brachiale era gravemente danneggiato ed i pochi impulsi che riuscivano ad essere trasmessi dai rimanenti nervi sani erano troppo deboli per permettere alle loro mani di muoversi. Per cui sono stati ritenuti idonei per sperimentare sulla loro pelle quest’intervento quasi futuristico. La procedura di ricostruzione bionica consta di varie fasi. Nella prima fase si stabilisce l’entità dei segnali elettrici residui e si sistemano dei sensori in grado di captarli; questi sensori vengono poi collegati ad una mano bionica che sarà in grado di elaborare i segnali e trasformarli in movimento. Nella seconda fase si sottopone il paziente ad un training cognitivo (o allenamento mentale), della durata di molti mesi, per “insegnargli” a generare e controllare piccoli e precisi segnali elettrici per controllare l’arto.  Nell’ultima fase, quando ormai il paziente ha il pieno controllo della protesi, viene amputata la mano, ormai inutilizzabile, e viene collegata definitivamente la mano bionica. Farina afferma che “dopo un indispensabile periodo di riabilitazione, i pazienti hanno mostrato un ottimo recupero clinico della funzionalità dell’arto”, aggiungendo che ad oggi sono in grado di compiere delle azioni come allacciarsi le scarpe o abbottonarsi la camicia con disinvoltura ed in totale autonomia.

Tanto è stato il successo della sperimentazione che già altri tre pazienti, con quadri clinici differenti, hanno iniziato le procedure per avere anch’essi questa possibilità.

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