Un pacemaker nel cervello rallenta la SLA

Secondo i ricercatori del Campus Bio-Medico, un pacemaker nel cervello di un uomo potrebbe rallentare la diffusione della SLA, che potrebbe rallentarsi per molti anni.

Un pacemaker nel cervello rallenta la SLA

La speranza dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica arriva dai centri del Campus Bio-Medico, e la soluzione sarebbe un pacemaker nel cervello, che servirebbe a spingere la stimolazione intracranica e a rallentare il progresso della malattia per circa dieci anni. Per ora sono solamente degli studi iniziali, intanto si apre una speranza per i malati di SLA, ed è un progresso da non ignorare assolutamente.

Sergio Orsini è stato il primo a sperimentare questa tecnica: infatti, nel 2004, ha i primi sintomi della malattia, e così nel 2006 i chirurghi del Policlinico Gemelli, gli hanno impiantato due elettrodi centrali, che erano collegati sottocute ad una specie di pacemaker, che regola ovviamente la propria frequenza, e questo servirebbe al paziente a non sentire nessun tipo di dolore.

Inizialmente i medici erano pessimisti: erano passati due anni, Sergio Orsini non sembrava migliorare e la SLA non sembrava rallentare il proprio passo. Il paziente però era convintissimo di questa tecnica e, anche quando i medici sembravano aver gettato la spugna, ha continuato l’esperimento cambiando l’intensità e la frequenza del dispositivo.

Ora, a 13 anni dalla malattia, anche se l’uomo è collegato all’ossigeno, è ancora vivo, con il dottor Di Lazzaro che lascia una dichiarazione: “Una sopravvivenza inusuale per una malattia che era sembrata subito molto aggressiva  e che ci lascia sperare che questa possa essere una strada per rallentarne il decorso. Occorre ovviamente una sperimentazione su un numero più elevato di pazienti perché una sola osservazione ha un valore limitato”.

La scelta della stimolazione cerebrale, secondo il dottor Di Lazzaro, è avvenuta perché il primo la prima cosa che attacca la SLA sono le cellule nervose, che fa aumentare il glutammato, e con il suo aumento inizia a diventare tossico per l’uomo. La stimolazione cerebrale quindi riduce la risposta dei neuroni al glutammato.

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