Meglio il pane bianco o quello nero? Dipende dai batteri intestinali

Secondo una recente ricerca scientifica non si può dire a priori se sia meglio consumare il pane bianco piuttosto che il pane nero. Per alcuni è meglio consumare pane bianco, per altri è meglio consumare pane nero, a seconda del microbioma.

Meglio il pane bianco o quello nero? Dipende dai batteri intestinali

Nella nostra società è ormai molto diffusa la credenza secondo cui il pane bianco (fatto con farina di frumento da cui sono rimossi la crusca ed il germe) sarebbe meno salutare del pane “nero”, vale a dire quello integrale, di segale o con lievito naturale.

In realtà un recente studio, condotto da un team di ricercatori del Weizmann Institute of Science (Israele) e pubblicato sulla rivista Cell Metabolism, sembrerebbe dimostrare che non sempre questo modo di pensare è corretto. O meglio, non sarebbe corretto fare delle generalizzazioni, perché l’impatto che l’una o l’altra tipologia di pane hanno sull’organismo umano dipende dalle “preferenze” dei batteri intestinali, che sono diverse da persona a persona.

I ricercatori hanno analizzato l’impatto della dieta a base di pane bianco e della dieta a base di pane integrale su 20 individui adulti, i quali assumevano circa il 10% delle calorie tramite il pane. Sempre nell’ambito di questo studio sono stati campionati i microbiomi intestinali dei partecipanti prima, durante e al termine dello studio.

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Questo test ha dimostrato che i livelli di glucosio nel sangue, di minerali essenziali (calcio, ferro e magnesio), di colesterolo e di enzimi (epatici e renali) venivano influenzati tutti del consumo di pane, ma non era il tipo di pane ingerito a fare la differenza. Infatti, metà dei partecipanti registrava una migliore risposta al pane bianco, l’altra metà a quello integrale, in base alle differenze presenti nel microbioma.

Eran Elinav, autore dello studio, ha commentato: “La scoperta è potenzialmente molto importante, perché indirizza a un nuovo paradigma: persone diverse reagiscono in modo differente anche agli stessi cibi“. Insomma, questa ricerca sembrerebbe aprire le porte a diete sempre più personalizzate.

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