L’intelligenza artificiale può servire per cercare una gravidanza

In futuro, secondo gli scienziati che hanno appena presentato uno studio al 33esimo congresso dell'Eshre, l'intelligenza artificiale può sostituire il lavoro dell'uomo.

L’intelligenza artificiale può servire per cercare una gravidanza

Gli scienziati del trentatreesimo congresso dell’Eshre, che è una società di riproduzione umana ed embriologia che si trova a Ginevra, si domandano perché, anche se gli embrioni sono morfologicamente di qualità, non riescono ad impiantarsi nell’utero e quindi non portano ad una gravidanza. Frattanto le anomalie cromosomiche, dovute soprattutto per una età matura delle donne, non si riescono a vedere ad occhio nudo

Difficoltà che possono essere risolte, secondo José Celso Rocha, grazie all’intelligenza artificiale. Secondo il professore dell’università statale brasiliana di San Paolo José Rocha, le macchine porterebbero un controllo uniforme, una ripetività di risultato e di accuratezza che difficilmente un occhio umano può, anche per le molteplici variabili che ci sono nell’uomo, come lo stress, la stanchezza e la routine, cose che ovviamente una macchina non può provare.

L’esperimento è già stato esperimentato esaminando ben 482 embrioni bovini in sette giorni, utilizzati per insegnare alla macchina come fare, ed i risultati sono molto soddisfacenti, poiché hanno raggiunto il 76% di accuratezza. Tuttavia, Laura Rienzi, presidente del Sierr, la società italiana di embriologia ricerca e riproduzione, non è convinta del lavoro delle macchine, e non pensa che prenderanno il posto dell’uomo nel prossimo futuro.

Queste infatti sono le parole della Rienzi: “Ma neanche per idea perché gli embriologi faranno altro in laboratorio. Ma il vantaggio di portare l’intelligenza artificiale in laboratorio è la ripetitività del risultato, che non cambia con operatori e in laboratori diversi. E questa è una garanzia per il paziente. Ridurre la manualità nei laboratori di procreazione assistita non può che essere positivo”.

Rocha intanto già sta pensando al futuro, e grazie alla collaborazione con la Boston Clinic di Londra, sta testando l’apparecchiatura sull’essere umano, in modo da costruire le regole per la classificazione dell’embrione stesso. Ed è convinto che se tutto andrà bene, entro un’anno le apparecchiature possono entrare nei laboratori.

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