Fumo e fumatori: 10 falsi miti da sfatare

Tramite diversi studi scientifici e ricerche approfondite, il professor Simon Chapman ha identificato i dieci miti più diffusi sul fumo e sui fumatori, portando alla luce la verità.

Fumo e fumatori: 10 falsi miti da sfatare

Il professore emerito in Sanità Pubblica all’Università di Sydney, Simon Chapman ha pubblicato su un’importante rivista inglese, The Conversation, i risultati di quarant’anni di studi sul campo. Sfatando così i falsi miti legati al vizio del fumo e relegandoli definitivamente a leggende e non fatti scientifici.

E’ vero che le donne che fumano sono numericamente maggiori degli uomini? E’ vero che ormai tutti conoscono gli effetti dannosi del fumo per la salute? Questi sono solo alcuni dei luoghi comuni, o falsi miti, più diffusi tra la popolazione mondiale che il professor Chapman ha deciso di analizzare e verificare.

Ecco la lista dei 10 falsi miti sul fumo e sui fumatori:

 

1. Il tabacco venduto sciolto è più ‘naturale’ delle sigarette ordinarie

Spesso chi fuma il tabacco venduto per le sigarette fai-da-te, sostiene che essendo privo di additivi chimici risulta essere poco dannoso alla salute, perchè “naturale”. Esaminando però i dati del 1991 forniti da WD & HO Wills, risulta che in 879.219 kg di sigarette sono presenti 1.803 kg di additivi (lo 0,2%), mentre in 366.036 kg di tabacco “naturale”, il tasso è del 22,5%. La motivazione risale al modo in cui viene conservato il tabacco,tramite aromatizzanti e umidificanti chimici, per impedire che si secchi ogni volta che viene esposto all’aria.

2. Le donne fumano più degli uomini

Non è mai successo. Può capitare che in qualche sondaggio venga mostrata una predominanza femminile ma si riferisce ad una fascia d’età precisa. Dai primi decenni di diffusione del fumo, gli uomini hanno sempre superato le fumatrici donne in quantità. “Nel 1945, in Australia, fumava il 72 per cento degli uomini e il 26 per cento delle donne. Nel 1976, gli uomini erano scesi al 43 per cento e le donne erano salite al 33 per cento.” Di conseguenza anche i tassi di mortalità sono sempre stati di molto superiori negli uomini piuttosto che nelle donne.

3. Molti fumatori arrivano a un’età molto avanzata, quindi non può essere così dannoso

Chi non ha mai sentito parlare dello zio di un amico o del fratello del nonno, arrivati ad una veneranda età nonostante fossero fumatori incalliti? Sicuramente ci saranno degli anziani sopravvissuti ad una vita di fumo e sigarette, ma non è quella la normalità, e quindi non riguarda la maggior parte dei casi, ma solo una piccola eccezione. E’ lo stesso ragionamento per cui in tanti acquistano i biglietti della lotteria, prima o poi almeno un vincitore ci sarà. 

4. I fumatori non dovrebbero cercare di smettere senza medicinali o un aiuto professionale

Per smettere di fumare è necessaria una notevole forza di volontà, senza la quale è impossibile sperare di riuscire nell’impresa. Più della metà dei fumatori (tra i 2/3 e i 3/4) che hanno smesso di fumare, l’hanno fatto senza terapie sostitutive, senza farmaci e senza l’ausilio di cliniche specializzate. Si può dire che i medicinali e l’assistenza medica senza una ferrea volontà siano molto meno efficaci della personale determinazione senza terapie.

5. La vera causa del cancro ai polmoni è l’inquinamento atmosferico

Nonostante l’inquinamento atmosferico sia indubbiamente un grave rischio per la nostra salute, non ci sono i paragoni con i danni creati dal fumo. Lo dimostra anche un pratico esempio che rivela come l’incidenza più elevata di cancro ai polmoni in Australia si concentri nelle zone più rurali e meno inquinate del paese. Quindi, a meno che non respiriate direttamente dal tubo di scappamento di una automobile, la sigaretta rimane il più grande nemico dei polmoni.

6. Semplicemente riducendo la quantità di sigarette è possibile ridurre i rischi per la salute 

Sicuramente chi fuma 20 sigarette al giorno avrà un rischio di morte precoce molto più alto di chi ne fuma 5 al giorno. Ma molti grandi studi scientifici hanno dimostrato come una riduzione del fumo non riduce i danni in maniera significativa. Per ridurre il rischio di una morte precoce l’unica cosa veramente efficace è quella di smettere del tutto di fumare, la riduzione di sigarette potrebbe essere utile solo se il fine è quello di arrivare a zero,

7. Tutti conoscono i rischi del fumo

Sono stati misurati quattro livelli di conoscenza dei danni del fumo:

  • Livello 1: “aver sentito che il fumo aumenta i rischi per la salute”.
  • Livello 2: “essere consapevoli che il fumo causa delle malattie specifiche”.
  • Livello 3: “comprendere con precisione il significato, la gravità e le probabilità di poter sviluppare malattie legate al tabacco”.
  • Livello 4: “accettare personalmente che i rischi inerenti i livelli di 1-3 si applicano anche al proprio rischio di contrarre tali malattie”.

La maggior parte delle persone rientra nel Livello di conoscenza 1, ma più si sale di livello e meno persone rientrano nel gruppo di conoscenza. Sono pochissime le persone che sanno che due fumatori di lunga data su tre moriranno di malattie connesse al fumo, come sono pochissime le persone a conoscenza del numero medio di anni che perdono rispetto a una normale aspettativa di vita.

8. Quasi tutte le persone affette da schizofrenia fumano

Una analisi di 42 studi sul fumo nei pazienti affetti da schizofrenia ha riportato come in media il 62% siano fumatori. Le persone affette da schizofrenia o con altri problemi mentali risultano essere più propense al fumo, ma non in maniera così schiacciante come si crede. Questa falsa credenza deriva da uno studio preso a campione che mostrava un’incidenza del 88%, ma questo risultato faceva parte di uno studio più ampio e quindi è stato frainteso.

9. Le campagne allarmistiche non funzionano

Secondo molte ricerche scientifiche, il 91,6% degli ex-fumatori ha affermato di aver smesso di fumare a causa della “preoccupazione per la propria attuale o futura salute”, e “solo” un 58,7% ha citato il relativo al danno economico. “Se le informazioni e gli avvisi sulle terribili conseguenze del fumo “non funzionano”, dov’è che questi fumatori hanno preso coscienza di questi rischi? Le campagne allarmistiche dunque funzionano.”

10. Le campagne per smettere non funzionano sui fumatori meno abbienti

In Australia, tra il 20% della popolazione più ricca, il numero di fumatori raggiunge l’11%, mentre tra il 20% della popolazione più povera raggiunge il 27,6%.

Questo non significa che le campagne che incentivano a smettere di fumare non funzionano sui meno abbienti ma, più semplicemente, che molti facente parte dei più ricchi non iniziano proprio a fumare (il 60,5% non ha mai fumato, in contrapposizione al 49,6% dei più poveri). Perciò quando si tratta di smettere di fumare, le persone meno abbienti risultano “avvantaggiate” con il 66,6% rispetto al 47,7 % dei più ricchi.

Continua a leggere su Fidelity News