ADHD: uno studio dimostra l’efficacia dell’intervento in classe

Il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività è, da sempre, oggetto di molti dibattiti, soprattutto riguardo le metodologie di intervento. Uno studio dell’University of Exeter Medical School del 2015 dimostra l'efficacia dell'intervento in classe.

ADHD: uno studio dimostra l’efficacia dell’intervento in classe

Negli ultimi anni, sempre con maggior frequenza, in campo medico e psicologico si parla di Disturbo da deficit di attenzione e di iperattività (ADHD), ovvero un disturbo che coinvolge, generalmente, tre sfere: quella dell’attenzione, dell’iperattivitàe dell’impulsività. 

L’irrequietezza, la disattenzione e l’impulsività sono comportamenti frequenti nei bambini, ma diventano patologici se sono invalidanti, compromettendo il funzionamento sociale, familiare, scolastico del bambino. Infatti, nei bambini con diagnosi di ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), i livelli di disattenzione, iperattività e impulsività sono patologicamente elevati, come risulta anche dalla somministrazione di test standardizzati.

Per disattenzione si intende la difficoltà di focalizzare l’attenzione su uno stimolo e di prolungare lo sforzo di elaborazione cognitiva su uno specifico oggetto; mentre per iperattività, una motricità eccessiva rispetto al necessario. Infine per impulsività si intende un comportamento non pianificato, ma immediatamente agito, senza preoccuparsi delle conseguenze. Queste caratteristiche persistono, nonostante nel senso comune si tenda a pensare che con la crescita possano attenuarsi da sole.

All’ADHD si associano spesso i disturbi dell’umore, d’ansia, dell’apprendimento, di comunicazione e i risultati scolastici sono spesso negativi, portando questi bambini, se non opportunamente seguiti, a fermarsi ad un livello di istruzione inferiore.

Gli interventi applicabili a bambini con diagnosi di ADHD sono numerosi: dalla tecniche cognitive a quelle comportamentali, fino ad arrivare alla somministrazione di farmaci. A questi si affiancano training mirati per i genitori e per gli insegnanti. 

Uno studio dell’University of Exeter Medical School del 2015 ha dimostrato come semplici interventi in classe possano modificare il comportamento di questi bambini, risultando significativamente efficaci ai fini del trattamento del disturbo. 

Lo studio, pubblicato sulla rivista Health Technology Assessment e condotto dalla Dott.ssa Tasmin Ford e dal suo gruppo di ricerca, è stato incentrato sull’analisi di ben 54 studi scientifici, dal 1980 al 2013, che testavano differenti tipi di protocollo di intervento su bambini con ADHD. Il team di ricerca ha analizzato alcune variabili fondamentali tra cui: “l’efficacia e i costi di interventi scolastici mirati; l’influenza di fattori sociali, quali ad esempio la disinformazione riguardo ad una diagnosi di ADHD; l’effetto del coinvolgimento di genitori e professori nel trattamento di tale problematica”. 

Il risultato ottenuto dalla Ford e dai suoi collaboratori li ha giustificati ad affermare che credenze errate dei genitori e degli insegnanti tendono a creare stereotipi e stigma sociali negati collegati all’ADHD, alimentando quella che, in psicologia, viene definita profezia che si autoavvera. 

Inoltre, la Dottoressa Ford ha affermato: “Ci sono molti studi che dimostrano l’efficacia di un intervento farmacologico, ma non tutti i bambini lo possono tollerare, oppure spesso i ragazzi stessi o le loro famiglie non vogliono percorrere questa strada. E’ allora importante dimostrare l’efficacia di altri tipi di trattamento, come abbiamo cercato di fare con il nostro studio. Tuttavia, è necessario effettuare ulteriori studi, che utilizzino possibilmente misure standardizzate e strumenti di ricerca più precisi, in modo tale da arrivare ad avere una definizione chiara di quali interventi siano efficaci nel trattamento dell’ADHD e quali no”. 

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