La tortura è un reato: la Camera dà il via libera

La maggioranza, 198, ha votato sì al "reato di tortura". Pene pesanti per chi commette tale reato: reclusione da 4 a 10 anni, 12 se si tratta di un pubblico ufficiale.

La tortura è un reato: la Camera dà il via libera

Oltre la metà dei votanti, 198 voti, ha approvato in Aula della Camera e in via definitiva il provvedimento che introduce nell’ordinamento italiano il reato di tortura. Tra i favorevoli c’è il Pd e l’Ap, tra il numero piuttosto consistente di astenuti, 104, riconosciamo il M5S, la Sinistra italiana e il Mdp. Solo 35 i voti contrari.

Abbastanza pesanti le pene previste per chi commette tale reato: da 4 a 10 anni di reclusione per una persona qualsiasi, può arrivare a 12 anni se si tratta di un pubblico ufficiale o di un incaricato al servizio pubblico, che abusino dei poteri o violino i propri doveri.

In Parlamento parlavano di questo argomento da ben quattro anni, finalmente sono giunti all’approvazione della legge che introduce definitivamente il reato di tortura nella legislazione italiana. In questi quattro anni le forze politiche hanno discusso, si sono divise, qualcuno ha cercato di insabbiare il possibile provvedimento.

Tutto l’iter del provvedimento è iniziato al Senato il 22 luglio del 2013, attorno all’argomento si sono sviluppate 11 diverse sintesi di proposte di legge, un anno dopo è stato licenziato, nel 2015 è approdato alla Camera, quindi alla riflessione di palazzo Madama e finalmente a Montecitorio dove è stato licenziato.

Il testo è stato modificato più volte nei passaggi tra le due camere del Parlamento, nell’ultimo esame non ha subito alcuna modifica. E’ un provvedimento su cui si è discusso molto dividendo le varie forze politiche. Inoltrato dal Pd e sostenuto dagli alleati, ha visto tra gli osteggia le forze di centrodestra, la Lega e il FdI. Secondo questi ultimi è un provvedimento punitivo che limita il lavoro delle forze dell’ordine. Non la pensa allo stesso modo il Pd e governo, il provvedimento vuole colmare una lacuna, finora l’Italia su questo argomento è stata un “fanalino di coda“.

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