Bocciatura UE dell’inversione IVA: rischio aumento benzina

Arriva il no da parte dell'Unione Europea per il provvedimento di 'reverse change', che crea un ulteriore buco di 728 milioni. "Era una possibilità", commentano dal governo

Bocciatura UE dell’inversione IVA: rischio aumento benzina

Come già preventivato, la Commissione Ue si oppone alla reverse charge, l’inversione contabile dell’Iva alla grande distribuzione. Questo meccanismo avrebbe dovuto prevedere che l’imposta venisse versata al fisco dagli acquirenti e non dai grandi venditori (discount, supermercati, etc.), in quanto i primi sarebbero considerati meno a rischio evasione dei secondi. Ma, secondo l’esecutivo europeo, questa norma non sarebbe in linea con l’articolo 395 della direttiva sull’Iva e, inoltre, non vi sarebbe alcuna dimostrazione che possa portare ad una diminuzione del rischio frodi.

La conseguenza è che ora il premier Renzi e il ministro dell’Economia Padoan dovranno trovare – in tempi brevissimi – 728 milioni di euro, per evitare che scatti la clausola di salvaguardia prevista dalla manovra stessa: il caro vecchio aumento delle accise su benzina e gasolio, che coprirebbe per intero la cifra. Non sembrano preoccupati dal ministero dell’Economia: era una delle possibilità, e il ministero è già al lavoro per trovare una soluzione che escluda l’applicazione della clausola (l’aumento dell’accisa su benzina e gasolio, ndr) e altre forme di incremento delle tasse”. Non c’era momento peggiore per questa notizia, a pochi giorni dalla ‘pezza’ che il Governo italiano ha messo per coprire il ‘buco’ pensioni.

La motivazione ufficiale del rifiuto ce la dà la portavoce di Pierre Moscovici, il commissario agli Affari Economici e Monetari dell’Ue (che ha anche delega alla fiscalità): “la procedura di inversione contabile non si può utilizzare sistematicamente per compensare la sorveglianza inadeguata delle autorità fiscali di uno Stato membro, e inoltre non vi sono prove sufficienti dell’efficacia della norma”. Il rischio è quello di inadeguatezza, ma anche di uno spostamento delle frodi verso il commercio al dettaglio.

Già Confindustria e i fornitori della grande distribuzione avevano alzato le barricate contro la norma, coi primi che presentarono un documento di denuncia proprio all’Ue. Anche i precedenti di Germania, Austria, Ungheria e Romania, casi simili al nostro, avevano portato a un rifiuto: tentar non nuoce, devono aver pensato al Governo. In realtà, sono 728 milioni di mancate entrate.

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