Approvato il taglio del 25% per gli stipendi dei manager pubblici

Il taglio del 25% per gli stipendi dei manager pubblici è stato approvato delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato

Approvato il taglio del 25% per gli stipendi dei manager pubblici

Dopo una prima bocciatura l’emendamento voluto dal governo che prevede il taglio del 25% per gli stipendi dei manager delle società pubbliche quotate in borsa (Eni, Enel, Finmeccanica, Poste e via dicendo) è stato approvato nella notte dalle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio del Senato.

Secondo il provvedimento, tutti quelli che non rientrano già nel tetto introdotto con il Salva-Italia (circa 300mila euro, quanto guadagna il primo presidente della Cassazione) al prossimo rinnovo si vedranno sforbiciare del 25% i compensi, “a qualunque titolo determinati”.

L’approvazione è arrivata dopo un durissimo braccio di ferro tra governo e maggioranza. Infatti, ieri pomeriggio, il voto delle commissioni di Palazzo Madama aveva bloccato anche l’emendamento del governo, che non aveva apprezzato e infatti si preparava a ripresentare l’emendamento direttamente in aula. Il ministro per i rapporti con il parlamento Dario Franceschini aveva spiegato: “Il governo non può rinunciare al taglio del 25% agli stipendi dei manager delle società pubbliche quotate e non quotate che emettono titoli”, concetto ribadito anche da Pier Paolo Baretta (Pd), sottosegretario all’Economia, secondo il quale “lo stop del Senato alle nuove norme sul tetto ai compensi dei manager delle società pubbliche è un’occasione persa”.

Alla fine si è trovato un compromesso con il taglio del 25% per tutti i manager delle società pubbliche quotate e per quelle non quotate che emettono titoli non azionari (e loro controllate).

Nel testo approvato si legge che “nelle società direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni ” che “emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati, nonché nelle società dalle stese controllate ” il compenso per l’amministratore delegato e il presidente del consiglio di amministrazione “non può essere stabilito e corrisposto in misura superiore al 75% del trattamento economico complessivo a qualsiasi titolo determinato, compreso quello per eventuali rapporti di lavoro con la medesima società, nel corso del mandato antecedente al rinnovo “. Per le società che emettono titoli azionari, e per le loro controllate, è necessario che la proposta di remunerazione dei manager, che deve rispettare lo stesso criterio, sia approvata dall’assemblea degli azionisti e “l’azionista di controllo pubblico è tenuto ad esprimere assenso alla proposta “.
Le nuove disposizioni si applicheranno “limitatamente al primo rinnovo” dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto “ovvero, qualora si sia già provveduto al rinnovo, ai compensi ancora da determinare ovvero da determinare in via definitiva “. Non si applicano invece se “nei dodici mesi antecedenti ” siano state adottate “riduzioni dei compensi dell’amministratore delegato o del presidente del consiglio di amministrazione almeno pari a quelle previste ” dalle nuove norme.

Continua a leggere su Fidelity News