MotoGP: Andrea Dovizioso, l’antidivo nell’Olimpo del Motomondiale

A tre gare dalla fine DesmoDovi crede pienamente nella possibilità di raggiungere il sogno di una vita. La gara di Motegi ha aggiunto un altro tassello allo scontro titanico tra l'extraterrestre Marc Marquez e il 'normalissimo' Andrea.

MotoGP: Andrea Dovizioso, l’antidivo nell’Olimpo del Motomondiale

Tutti si aspettavano i soliti nomi: Marc Marquez, Valentino Rossi, Maverick Vinales, Jorge Lorenzo e Dani Pedrosa. Sono loro – chi da più tempo chi da meno come Vinales – a catalizzare tutta l’attenzione di una MotoGp che da qualche anno a questa parte ha alzato l’asticella dei contendenti. E invece tra i cosiddetti ‘big’ l’unico a non tradire le aspettative è stato l’extraterrestre della Honda che, se dovesse vincere nuovamente, arriverebbe a 6 mondiali a soli 24 anni: dall’altra parte una Yamaha in caduta libera che annaspa tanto nell’acqua (come al Sachsenring e a Motegi) quanto sull’asfalto rovente (vedi Barcellona e Jerez), un Lorenzo terribilmente a disagio sulla sua Ducati in quest’anno di transizione e un Pedrosa demolito regolarmente dal compagno di squadra che non è quasi mai in grado di impensierire.

Per fortuna però il Motomondiale si accorge dopo tanto tempo della presenza di un paladino che sta compiendo una cavalcata tanto meravigliosa quanto inaspettata: quell’Andrea Dovizioso che fino allo scorso anno si era imposto soltanto una volta (Donington 2009) nella classe regina. Il forlivese ha stupito tutti in questo 2017 fatto di ben cinque vittorie. Stupore manifestato dallo stesso leader del mondiale, Marquez, che al termine del Gran Premio del Giappone ha ammesso: “Non mi aspettavo un Dovizioso così quest’anno“. Una stagione perfetta – al momento – resa possibile dallo sviluppo di una Ducati da tempo ormai figlia dell’ingegnere Luigi dall’Igna: mentre fino all’anno scorso Ducati era sinonimo di velocità pura nei circuiti con rettilinei lunghissimi, ma con grandi lacune in altre aree della moto, nel 2017 è diventata il punto di riferimento di tutto lo schieramento. Sono stati apportati miglioramenti in trazione e nell’elettronica e la moto ha dimostrato competitività su tutte le piste: non ha mai dominato un Gran Premio in maniera imperiale, ma ha sempre lottato per le posizioni di vertice dal primo all’ultimo giro, togliendosi grandi soddisfazioni.

Le vittorie all’ultima curva in Austria e a Motegi, però, non possono essere derubricate soltanto alla bontà del progetto di Borgo Panigale, ma sono frutto della testa, dell’astuzia e della lucidità del Dovi che ha finalmente raggiunto la piena maturità sportiva per battagliare al vertice. Negli anni passati il forlivese è stato spesso additato come pilota ‘molle’, remissivo e quasi rinunciatario: ha sempre dimostrato di essere un calcolatore dotato di grande raziocinio, un pregio che gli si ritorceva contro ogni qualvolta venisse richiesto di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Addirittura nel 2001, agli esordi in 125, a una domanda specifica: “Sei secondo all’ultimo giro: ci provi fino all’ultimo rischiando di cadere o ti tieni stretto il tuo secondo posto“? rispose che si sarebbe tranquillamente tenuto il podio pur di portare a casa punti preziosissimi.

Ecco, quell’Andrea Dovizioso non esiste più. Dalla Malesia dello scorso anno ne abbiamo una versione 2.0. La vittoria ottenuta a Sepang il 30 ottobre scorso è stata probabilmente il punto di svolta della sua carriera. Dopo i 7 anni tra la prima e la seconda vittoria, sono passate 7 gare tra la seconda e la terza, e poi altri 7 giorni tra la terza e la quarta. Come un serial killer spietato che accorcia i tempi per saziare i suoi desideri: nel caso di Dovi desideri di vittoria e di titolo mondiale. Si è imposto non solo su tracciati sulla carta congeniali quali erano Mugello e Spielberg, ma ha vinto persino laddove in pochi credevano potesse riuscirci come a Barcellona – dove tra l’altro ha ammesso di aver controllato la gara – e a Silverstone.

DoviPower ha poco a poco messo in crisi i suoi avversari in maniera più o meno diretta. Ha vinto la concorrenza del connazionale Andrea Iannone quando l’anno passato erano entrambi sulla graticola e solo uno sarebbe stato confermato: dopo confronti spigolosi culminati nel patatrac dell’Argentina, la Ducati si è convinta a confermare il razionale uomo-squadra Dovizioso e ad appiedare il fumantino abruzzese (ora in Suzuki). E’ riuscito ad oscurare almeno per una stagione il mito di Valentino facendo parlare anche un po’ si sé, lui che – al contrario del Dottore – non ama stare sotto i riflettori e fuori dalla pista è un tipo schivo e riservatissimo. Ha letteralmente demolito il nababbo del Motomondiale, il compagno di squadra Lorenzo, chiamato per vincere e pagato ben quattro volte in più (12,5 milioni) rispetto al Dovi (‘solo’ 3 milioni): il maiorchino deve ancora trovare il perfetto feeling con la sua moto, ha comunque ottenuto due podi e tante volte è partito a razzo, ma l’attuale stagione confrontata con quella di Andrea non si può che definire fallimentare.

L’unico che rimane da spodestare però è un marziano di nome Marc Marquez e questa è l’impresa più ostica. Tantissime le motivazioni: è il campione del mondo in carica, viaggia verso il sesto titolo alla tenera età di 24 anni, è in testa alla classifica con 11 punti di vantaggio nonostante i tre ‘zeri’ stagionali (mentre Andrea è rimasto a secco solo in Argentina) ma soprattutto non si arrende mai fino all’ultimo centimetro dell’ultimo giro. Eppure gli ultimi centimetri gli sono stati fatali in ben due occasioni, proprio quelle che ha saputo cogliere il buon Dovi, il quale ha acquisito una maggiore consapevolezza minando le certezze di un avversario con pochissimi punti deboli. Eh sì, Andrea Dovizioso è un antidivo nell’Olimpo del Motomondiale.

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