"Cara Ijeawele" di Chimamanda Ngozi Adichie, in uscita il 7 marzo

L'autrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie scrive una lettera all'amica appena divenuta madre esponendole quindici lezioni essenziali per crescere sua figlia femminista, libera da ogni pregiudizio e stereotipo.

"Cara Ijeawele" di Chimamanda Ngozi Adichie, in uscita il 7 marzo

L’autrice di “Cara Ijeawele”, Chimamanda Ngozi Adichie, espone quindici lezioni essenziali rivolte agli uomini e alle donne. Il libro è una lettera scritta dall’autrice ad un’amica appena diventata madre, le consegna alcuni consigli per crescere sua figlia femminista, libera da pregiudizi.

Chimamanda Ngozi Adichie ha riportato al centro dell’attenzione un termine quasi obsoleto, il “femminismo”e la disuguaglianza di genere

La storia personale di donna africana ha segnato la sua visione della realtà: è divenuta una scrittrice, un’intellettuale ma conosce intimamente cosa si prova ad essere una cittadina di seconda classe in Nigeria. Il suo pensiero concerne il concetto stesso di “genere” come costrizione culturale: gli stereotipi di genere castrano, inficiano, la vita delle donne.

In Occidente, in Italia, la parola “femminista” è caduta in disuso, divenendo anacronistica. Definirsi femminista è divenuto quasi fuori moda, un’espressione che interlocutori ignoranti in materia recepiscono come semplicemente attinente alla libertà sessuale. Il revisionismo storico ha evidenziato solamente gli errori del movimento femminista, facendo evaporare nell’oblio la parola femminismo, i traguardi raggiunti, la rivoluzione conseguita.

Paiono lontane nel tempo le lotte per la rivendicazione della parità fra uomini e donne, nel pubblico e nel privato, culminate negli anni Settanta del secolo scorso con la presa di parola del movimento, con la concretizzazione di un dibattito volto alla conoscenza, all’eguaglianza che ha rivoluzionato la collocazione delle donne. Il recupero della parola femminista diventa essenziale per risvegliare le coscienze intorpidite, per riattivare la memoria abrasa. L’uguaglianza nell’accezione della parità sociale, giuridica, economica non è stata compiutamente raggiunta: in Italia si laureano di più le donne eppure i ruoli cardine, di potere, sono occupati dai maschi, a parità di qualifica, esperienza, una donna guadagna meno dell’uomo. La parità comporta aver i medesimi diritti e le stesse opportunità.

Un cambiamento di prospettiva passa dalla rivendicazione delle sole donne ad un impegno concreto anche da parte degli uomini a credere che l’uguaglianza sia un diritto umano fondamentale.

Quando le donne saranno finalmente libere dagli stereotipi di genere, anche gli uomini lo saranno e potremo affrancarci da questa contrapposizione che ha condizionato i secoli, la classificazione femminile e maschile, definita, granitica, inconfutabile.

Chimamanda, attingendo dalla sua storia personale, ha raccontando un episodio dell’infanzia che fa comprendere, esaustivamente, la sorgente del suo pensiero, la sua lotta. Una piccola vicenda metafora della condizione femminile. Era alle elementari, la sua insegnante propose un test in classe, l’autore del punteggio più alto sarebbe divenuto il capoclasse. Il suddetto aveva responsabilità importanti per un bimbo di nove anni: scrivere il nome degli studenti rumorosi, mantenere il controllo della classe con un bastone in mano, naturalmente non utilizzabile. Ottenne il punteggio più alto, ma la maestra le disse che il capoclasse doveva essere un ragazzo. Non aveva precisato che la vittoria sarebbe stata comunque di un maschio, era implicito. Il secondo classificato era un ragazzo non in grado di ricoprire quel ruolo, non ne aveva neppure interesse.

Chimamanda Ngozi Adichie è nata ad Abba, in Nigeria, nel 1977 di etnia Igbo è cresciuta a Nsukka ed ha completato gli studi negli Stati Uniti. Con “L’ibisco viola” ha vinto il “Commonwealth Writers’ Prize for Best First Book 2005“, con “Metà di un sole giallo” ha conseguito l'”Orange Broadband Prize 2007“. Ha vinto 15 premi letterari. Un brano del discorso “Dovremmo essere tutti femministi”, tenuto nel 2013 durante una conferenza TEDx, è divenuto estremamente noto perchè campionato dalla cantante Beyoncé nella canzone “Flawless”.

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