Lavoro sommerso: 272 miliardi di Pil

Secondo Confcomercio, il lavoro sommerso in Italia vale 272miliardi di Pil e la pressione fiscale effettiva è al 54%.

Lavoro sommerso: 272 miliardi di Pil

Nella graduatoria sulla pressione fiscale reale dei paesi economicamente avanzati, l’Italia è al primo posto con il 54% del Pil, poi Danimarca (51,1%), Francia (50,3%), Belgio (49,3%), Austria (46,8%) e Svezia (46,7%). Sul fondo della classifica troviamo invcece Messico (26,2%), Usa (27,9%), Irlanda (28,4%), Canada (31,9%), Australia (34,8%) e Spagna (36,7%).

Ma il dato che colpisce di più è quello relativo all’economia sommersa de 2012-2013: 17,4% del Pil, poi Messico (11,9%), Spagna (9,5%) e Regno Unito (6,7%).

Un affresco del sommerso, quello riportato da Confcommercio, che si affianca ai dati preoccupanti su disoccupazione generale e giovanile che in questi giorni vengono diffusi da più parti. All’interno del convegno nel quale è stato presentato il report sul sommerso, lo stesso viceministro dell’Economia Stefano Fassina ha tracciato una correlazione tra l’altissima imposizione fiscale italiana e l’evasione di sopravvivenza, altro fenomeno che, al di là delle considerazioni etico-culturali, si inserisce nel solco recessivo delle crisi, che non da tregua a lavoratori ed imprenditori.

Ma com’è possibile dunque uscire da questa situazione sistemica con le poche e palliative (in realtà peggiorative) azioni che il Governo sta cercando di promuovere?

Com’è possibile far emergere il lavoro sommerso in un frangente di politiche economiche di consolidamento fiscale (aumento dell’imposizione, abbassamento del costro del lavoro tramite precarizzazione e crescita della disoccupazione, tagli)?

Confcommercio cerca di dare dei suggerimenti, ma non sembrano ne applicabili ne, se applicabili, efficaci.

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