Il lavoro uccide: ogni anno 2,3 milioni di vittime

Il lavoro uccide ogni anno 2,3 milioni di persone nel mondo. Queste le stime dell'Ilo, che poi avverte: "I tagli alla sicurezza non convengono, fanno risparmiare nell'immediato, ma creano un danno economico molto più grande in proiezione futura"

Il lavoro uccide: ogni anno 2,3 milioni di vittime

“Il lavoro non ha mai ucciso nessuno”, recita un vecchio adagio che appartiene all’alba dei tempi. Niente di più falso. Secondo le stime fornite dall’Ilo (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro), ogni anno circa 2,3 milioni di persone muoiono a causa di un incidente sul lavoro, o di una malattia professionale. Queste stime sono state presentate in occasione della Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, e sono stae commentate così da Guy Ryder, direttore generale dell’Ilo: “Con questi numeri gli incidenti o le malattie legati al lavoro possono certamente essere considerati come uno dei principali problemi sanitari a livello globale”.

Tuttavia, le persone che muoiono a causa del lavoro sono solo una piccola percentuale rispetto agli infortunati: si calcola infatti che siano circa 313 milioni gli infortuni sul lavoro che accadono ogni anno. Solo lo 0,7% degli infortuni insomma conducono ad un esito fatale. Ma c’è anche chi, pur non perdendo la vita, incorre in vari tipi di invalidità permanente e non sarà più in grado di condurre una vita normale.

In particolare, Ryder ha puntato il dito verso coloro che tagliano i fondi destinati alla sicurezza sul lavoro in virtù del risparmio, mettendo a nudo una scottante verità: oltre ad infrangere la legge, chi sceglie questa strada produce danni economici superiori rispetto all’ammontare del pagamento delle spese mediche che sarebbe stato chiamato a sostenere: “La recessione economica o la rincorsa al profitto non possono giustificare i tagli alla sicurezza sul lavoro-ha infatti spiegato il direttore dell’Ilo-se questo avvenisse, il costo sarebbe ancora più elevato”.

La ragione è chiara: “Il 4% del Pil, ovvero 2.800 miliardi di dollari, è il prezzo pagato annualmente in termini di perdita di giornate lavorative, interruzione della produzione, spese mediche, riabilitazione e risarcimenti”. Insomma, pagare meno la prevenzione comporta un dover pagare molto di più successivamente, quando i lavoratori presenteranno, direttamente ed indirettamente, il danno economico derivante dagli infortuni. La prevenzione dunque non conviene solamente a livello etico e morale, ma è necessaria a ridurre le spese. Il succo è dunque “pagare 10 oggi, per evitare di pagare 100 domani”.

“Una buona governance in materia di salute e sicurezza dimostra che la prevenzione paga” spiega infatti Guy Ryder, che sostiene la necessità di una “Partecipazione attiva di tutti gli stakeholders nel garantire un luogo di lavoro salubre e sicuro, attraverso un quadro ben definito di diritti, responsabilità e doveri”. I lavoratori che versano nelle condizioni peggiori risultano infine essere quelli nelle campagne: “Il 56% delle aree rurali non ha accesso ai servizi sanitari essenziali: più del doppio rispetto alle persone nelle aree urbane, dove questa cifra raggiunge il 22%”.

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