Ocse: nonostante l’austerità non cala l’apprendimento scolastico. Sicuri?

L'Ocse ci fa sapere che nonostante anni di investimenti assenti, l'aumento delle ore di lavoro degli insegnanti e la diminuzione del tempo di studio per gli allievi, i dati sull'apprendimento non registrano flessioni. Ma siamo proprio sicuri?

Ocse: nonostante l’austerità non cala l’apprendimento scolastico. Sicuri?

Dati Ocse, di nuovo. Un interessantissimo pezzo di Riccardo Laterza su Retedellaconoscenza.it apre una finestra sulla scuola italiana, attraverso l’ultimo rapporto Ocse sull’istruzione europea. Ci era già capitato di utilizzarne i contenuti e le riflessioni e oggi completiamo il quadro.

In “Education at glance 2013” l’Ocse fa sapere che l’Italia, pur adeguandosi al trend internazionale richiesto (più ore di lavoro per insegnanti e meno ore di studio per gli studenti) e nonostante una spesa per studente sostanzialmente stagnante (virtuosa e austera?) laddove in altri paesi Ocse è aumentata, i risultati dell’apprendimento degli studenti non sono stati compromessi.

Giustamente l’autore dell’articolo si chiede come sia possibile che un vistoso peggioramento delle condizioni di lavoro e studio e logiche che riducono la possibilità di approfondimento didattico e contenutistico, l’Italia possa essere così virtuosa anche nelle rilevazioni dell’apprendimento.

La spiegazione (o intanto, una spiegazione) è che il metro di valutazione Ocse si basa su parametri di valutazione Ocse, in particolare il metro di analisi è costituito dai test PISA, simili agli INVALSI risalenti tra l’altro al 2009.

Difficile credere, al netto della certamente ottima preparazione degli insegnanti e il senso del dovere di tutto il comparto dell’istruzione pubblica che lavora sodo anche in tempi di recessione, che non ci sia comunque nessun impatto sul livello di apprendimento.

I dati sull’università, ad esempio, non sono confortanti. Solo il 15% degli italiani tra i 24 e i 64 anni si è laureato e solo il 49% per cento degli attuali quindicenni pensa di poter conseguire un titolo di studio universitario. E la situazione è destinata a peggiorare a botte di riforme strutturali (precarizzazione e tagli) ulteriormente. Teniamo duro e studiamo lo stesso.

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