Le torture della CIA difese dai loro psicologi: "non sono dolorose"

I due psicologi militari, che hanno ideato le torture utilizzate negli interrogatori brutali condotti dalla CIA, dichiarano che tali metodi non sono dolorosi e non possono provocare “danni a lungo termine”.

Le torture della CIA difese dai loro psicologi: "non sono dolorose"

Quindici anni fa, gli Stati Uniti d’America hanno sborsato 81 milioni di dollari per la creazione di un programma di tecniche “speciali” di interrogatorio e per la formazione degli agenti che le avrebbero applicate. Oggi, i due psicologi militari che hanno lavorato per la CIA come consulenti nell’ideazione di questo progetto, hanno presenziato ad una causa intentata da alcuni ex detenuti e, di fronte alle telecamere, hanno rilasciato delle controverse dichiarazioni.

Il New York Times ha pubblicato online i filmati delle deposizioni. John Bruce Jessen e James Mitchell hanno dichiarato di aver svolto il compito commissionato dall’agenzia di spionaggio con estrema riluttanza. I due ex detenuti e la famiglia di un ex prigioniero defunto hanno intentato una causa contro la CIA per le tecniche brutali utilizzate su di loro.

Gli psicologi attualmente non sono indagati nel processo, mentre le vittime degli abusi sono supportatie dall’organizzazione non governativa American Civil Liberties Union.

Nel 2014 si era fatto luce su alcune tecniche utilizzate negli interrogatori della CIA grazie ad un rapporto pubblicato dal Senato statunitense. Tra le tecniche riportate emergono l’infame waterboarding (o annegamento simulato), le lunghe privazioni di sonno, e il cosiddetto “walling”, ossia la procedura che prevede di scaraventare violentemente il detenuto su una parete di compensato. 

La deposizione dei due psicologi sottolinea come entrambi ritengano che le suddette tecniche fossero per lo più indolori e senza danni a lungo termine. Contrariamente a ciò, gli ex detenuti sostengono invece di aver provato tantissimo dolore e, ad oggi, entrambi soffrono di disturbo post traumatico da stress. Secondo un rapporto del Senato, un detenuto, in pochi giorni, è stato sottoposto al waterboarding per 83 volte, lasciandolo in uno stato di completa assenza. 

Lo psicologo Jessen ha dichiarato che, per quanto riguarda la procedura del “walling”, risulta essere una delle tecniche più efficaci usate negli interrogatori, poiché non provoca dolore. “È scombussolante. Non provoca danni, ma urta l’interno dell’orecchio, fa un rumore veramente forte”, ha affermato. Parlando della privazione del sonno, ha spiegato che il detenuto veniva incatenato con le manette in modo da non potersi sdraiare o riposare appoggiandosi al muro.

L’ex detenuto ha però definito “sconvolgente” il dolore provocato da questa tecnica, in maniera più intensa alle braccia, alla schiena e alla vita. Mitchell e Jessen hanno proseguito ancora dicendo che erano intenzionati ad interrompere il waterboarding, ma i supervisori della CIA li hanno costretti a continuare la brutale procedura. “Continuavano a dirmi ogni giorno che una bomba nucleare sarebbe stata fatta esplodere negli Stati Uniti e che, siccome avevo detto loro di smettere, avevo perso il mio coraggio e sarebbe stata colpa mia se non avessi continuato”, ha affermato Jessen.

Gli agenti della CIA sono stati accusati anche di aver chiamato i due psicologi come “donnette” o “privi di spina dorsale” ogni volta che manifestavano riluttanza nell’applicare le torture in programma. “Gli agenti hanno detto che ci sarebbe stato un altro attacco in America e che il sangue dei civili morti sarebbe stato sulle nostre mani.  Il processo è ancora in corso, e proseguirà il 5 settembre 2017.

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