Impiegato Samsung ruba 8474 smartphone con un trucco geniale

Dall'Asia giunge una notizia curiosa, avente per oggetto la coreana Samsung. Il colosso di Seoul, infatti, ha subito un furto di 8474 smartphone, nel corso degli anni, ad opera di un dipendente che ha usato un trucco a dir poco geniale per lo scopo.

Impiegato Samsung ruba 8474 smartphone con un trucco geniale

Gli smartphone Samsung sono, abitualmente, dei device ottimamente realizzati, tanto che – non di rado – vanno a ruba. Qualche volta, anche letteralmente. Un quotidiano economico sudcoreano, infatti, ha notiziato – nelle scorse ore – l’episodio di un impiegato del colosso dei Seoul che, senza troppo clamore, avrebbe rubato, nel corso degli anni, qualcosa come 8474 smartphone!

La notizia in oggetto è stata diffusa il 7 Giugno, dal quotidiano economico di Seoul, “The Investor”, quasi come una “nota di costume” di cui sorridere: l’intraprendente ladro, chiamato per comodo “Lee”, era stato assunto da Samsung nel lontano 2010, nell’ambito di un programma sociale volto a dare una possibilità occupazionale ai disabili.

Per qualche anno, tutto era andato ok. Ma Lee, evidentemente, aveva una seconda vita: infatti, a partire dal Dicembre del 2014, e sino al Novembre del 2016, l’uomo – secondo quanto dichiarato dalla polizia – ha preso a imboscare diversi smartphone, nella sezione in cui si occupava della manutenzione di modelli non ancora usciti in commercio, e destinati agli sviluppatori interni che testano la stabilità degli aggiornamenti, e l’implementazione di nuove funzioni.

Sottrai oggi, sottrai domani, Lee ha messo da parte 8474 smartphone che, piazzati sul mercato tramite un rivenditore di telefoni usati, gli avrebbero fruttato 711.743 dollari (800 milioni in won, moneta locale), con i quali avrebbe coperto parzialmente i suoi immensi (800 mila dollari) debiti contratti al gioco d’azzardo.

Samsung, nel frattempo, aveva scoperto l’accaduto notando che, in Vietnam, erano stati commercializzati telefoni non destinati alla vendita (dalle foto, si evince chiaramente il “not for sale” sulla batteria): analizzando il seriale dei telefoni in questione, è stato facile risalire allo stabilimento di produzione e, da qui, al personale che aveva avuto occasione di entrare in contatto con tali device.

La confessione, da parte di Lee, è stata la logica conseguenza degli interrogatori della polizia, alla quale è stato spiegato anche il modo in cui sarebbe avvenuto questo grosso colpo tecnologico: costretto sulla sedia a rotelle elettrica, Lee veniva esentato dal controllo al bodyscanner, usualmente destinato agli impiegati che terminano il turno presso lo stabilimento di Suwon, provincia di Gyeonggi, Corea del Sud, e questo gli avrebbe consentito di usare il suo supporto alla mobilità come un trojan inverso, per far “uscire” dall’azienda i telefoni di cui, poi, veniva a impossessarsi. 

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