Egitto: 11 condanne a morte per il massacro di Port Said

In Egitto sono arrivati i verdetti di colpevolezza i responsabili del massacro della partita di Port Said, quando la partita tra Al-Alhy ed Al-Masry si trasformò in una vera e propria carneficina: nello stadio morirono 74 persone, i feriti furono oltre mille. E le forze dell'ordine si rifiutarono di far uscire i superstiti

Egitto: 11 condanne a morte per il massacro di Port Said

L’Egitto conferma la propria intransigenza nei confronti dei criminali ritenuti responsabili del massacro di Port Said: per 11 di loro è stata confermata la condanna a morte. Tra i condannati figurano anche poliziotti e militari. Port Said ha rappresentato la peggior strage sportiva mai verificatasi all’interno del Paese, nonché uno dei punti più bassi e oscuri dell’intera Storia dello sport contemporaneo. Ma cosa successe di preciso laggiù, e perché alla sbarra sono finiti anche membri delle forze dell’ordine e delle forze armate?

Il contesto era quello di una partita tra gli odiatissimi rivali dell’Al-Alhy e dell’Al-Masry, avvenuta il 1° Febbraio 2012; ma il calcio ha avuto un ruolo assolutamente marginale quel giorno. Perché la partita, terminata con il risultato di 3-1 per l’Al-Masry, si è giocata in un surreale clima di guerriglia. E scaduti i 90 minuti, è partito l’eccidio: i giocatori dell’Al-Masry, alla testa di un’ondata di tifosi inferociti, si sono gettati contro i rivali aggredendoli con incredibile ferocia.

Un raptus di indicibile violenza inqualificabile, ingiustificabile e completamente incomprensibile, a tal punto che molti sospettano che gli scontri siano stati fomentati ad hoc dall’ex presidente Hosni Mubarak.

Drammatiche le testimonianze pervenute dai giocatori dell’Al-Alhy: “Le forze di sicurezza ci hanno abbandonato, non ci hanno protetto. Un supporter mi è appena morto davanti agli occhi negli spogliatoi”, denunciò il veterano della squadra ospite Mohamed Abou-Treika. Già, perché la polizia in assetto antisommossa non solo non fece nulla per prevenire gli scontri, ma chiuse addirittura lo stadio ai tifosi in trasferta che cercavano disperatamente una via di fuga da quel massacro, condannandoli a rimanere all’interno fino alla fine, al pari di bestie al macello.

Il risultato fu un’incredibile carneficina: 74 morti, e più di 1000 persone ferite (il giocatore egiziano Mohamed Salah, all’atto di siglare il proprio contratto con la Fiorentina, chiese la maglia 74 proprio in onore dei morti di Port Said). Per questo sono state processate 73 persone, 19 delle quali sono state assolte. Per gli altri sono arrivate pene dai 5 (per il generale Essam Samak, capo della sicurezza di Port Said e per il colonnello Mohamed Saad, responsabile della polizia navale) ai 15 anni di reclusione, oltre ad 11 condanne a morte.

La tifoseria dell’Al-Alhy, politicamente schierata contro la giunta militare che governava all’epoca l’Egitto, venne massacrata a Port Said a colpi di pietre, coltelli, bottiglie ed esplosivi. Certo non è accaduto in Europa, non durante una finale di Champions League; insomma, il disastro non ebbe certo l’appeal mediatico dell’Heysel, tanto che sebbene sia accaduto solo 3 anni fa, sono in pochi a ricordarlo. Ma rimane una delle più grandi tragedie sportive che il mondo abbia mai conosciuto.

Continua a leggere su Fidelity News