Arrestati 22 distributori Apple: venduti i dati personali dei propri clienti

A volte, il problema - per la sicurezza dei nostri dati personali - risiede in chi gestisce tali informazioni, come dimostrato dall'arresto - in Cina - di 22 distributori Apple, con l'accusa di aver trafugato e venduto le credenziali dei propri clienti.

Arrestati 22 distributori Apple: venduti i dati personali dei propri clienti

In genere, ci si aspetta che il furto di dati personali avvenga ad opera di pericolosi hacker, che si intrufolano nella nostra intimità digitale dall’esterno. A volte, però, il problema risiede proprio all’interno delle aziende che gestiscono i nostri dati personali: una dimostrazione di quest’assunto risiede in un fatto di cronaca accaduto qualche giorno fa in Cina, dove 22 distributori di prodotti Apple sono stati arrestati per violazione della privacy, e sottrazione di dati personali. 

Secondo quanto riferiscono i media locali, e come confermato anche dal Wall Street Journal che ha rilanciato la notizia in ambito mondiale, i 22 arrestati – nella provincia orientale dello Zhejiang – sarebbero distributori indipendenti, ovvero di terze parti, di prodotti Apple, ed avrebbero sfruttato la loro posizione privilegiata per accedere al database Apple dei clienti ai quali avevano venduto degli iPhone: quivi, avrebbero sottratto dati personali come mail, numeri di telefono, credenziali bancarie, e Apple ID (in effetti, diversi mesi fa, alcuni utenti – su Reddit – segnalarono che qualcuno aveva tentato di registrarne l’Apple ID nella zona in questione, per giunta da un PC Windows, e che Cupertino li avesse avvertiti di cambiare la password del medesimo). 

L’indagine, durata un paio di mesi, ed estesasi anche in altre province (Fujian, Guangdong, Jiangsu, e Zhejiang), avrebbe scoperto il furto dei dati attraverso la vendita dei medesimi sul mercato nero ove i dati dei clienti Apple sono sempre particolarmente apprezzati: nello specifico, a seconda dell’importanza dell’informazione spacciata, i rivenditori incriminati avrebbero guadagnato da 1.30 (10 yuan) a 23,5 euro (180 yuan) per dato, concretizzando un bottino finale di ben 6,5 milioni di euro (50 milioni, in moneta locale). 

Al momento, secondo quanto riferiscono le forze dell’ordine della zona, in base alle prime confessioni ricevute, non è chiara la nazionalità delle vittime cui sarebbero stati sottratti i dati personali (tutti cinesi, oppure anche utenti internazionali?), ma non è certo la prima volta che accade un episodio del genere. Il tabloid “Southern Metropolis Daily”, edito nel ricco Guangzhou, ha rendicontato di un altro furto di dati, avvenuto a Dicembre, ma dai database di polizia ed enti governativi: le informazioni personali prelevate, dopo breve tempo, erano state usate per ricattare degli utenti, sotto la minaccia di rivelare dettagli come le proprietà immobiliari possedute, gli spostamenti aerei, e in quale hotel si fosse fatto il check-in. 

A questo punto, si attende la presa di posizione ufficiale di Apple, anche a fronte del fatto che – in Cina, dal 1° Giugno, è stata varata una severissima legge a protezione dei dati personali, che minaccia serie multe e sanzioni, qualora un’azienda non dimostri la mancanza di responsabilità nel furto di dati subito. 

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