Arkansas, esecuzioni capitali bloccate dai giudici

"Lo Stato ha mentito sull'utilizzo di un farmaco usato per le iniezioni letali" e otto detenuti che aspettano nel braccio della morte tornano a sperare.

Arkansas, esecuzioni capitali bloccate dai giudici

Gli otto detenuti nel braccio della morte statunitense dell’Arkansas sono tornati a sperare. Dopo settimane di petizioni e di denunce, a cui ha fatto seguito l’annuncio di 8 esecuzioni in una decina di giorni, un giudice dell’Arkansas ha emesso un’ordinanza che temporaneamente blocca l’uso di uno dei tre farmaci, il bromuro di rocuronio usato nelle iniezioni letali.

La pena di morte è stata reintegrata nel 1976 dalla Corte suprema, da allora non era mai successo che ci fosse un così alto un numero di esecuzioni in meno di quindici giorni. Dal 2005 il boia in Arkansas era fermo a causa del difficile reperimento dei farmaci utilizzati nelle esecuzioni.

Il giudice Wendell Griffen, ha preso la decisione di sospendere le esecuzioni in seguito alle proteste di ben quattro case farmaceutiche, tenute all’oscuro, al momento della vendita, di come sarebbe stato utilizzato il bromuro. La McKesson Corporation, che distribuisce la Pfizer, si è rivolta al tribunale denunciando lo Stato di aver mentito sull’utilizzo del farmaco.

Un avvocato della compagnia in una lettera ottenuta dal New York Times si legge che il sistema carcerario statale “non ha mai reso pubbliche le modalità d’uso di questi prodotti. Al contrario l’acquisto è partito da un account legato alla licenza di un dottore, che faceva implicitamente pensare che i farmaci fossero destinati a scopi medici“.

Le “Big Pharma” sono contrarie alla vendita dei propri prodotti per la pena di morte, ma poche volte si è vista una rottura tale tra le compagnie e uno Stato.

Al giudice non è rimasto altro che bloccare l’uso del farmaco; l’ordinanza poi ha coinciso con quella della Corte suprema statale che ha dovuto fermare l’esecuzione di uno dei condannati perché incapace di comprendere la punizione impartita, aveva problemi mentali.

Dalla parte dei condannati anche Price Marshall, un giudice che ritiene che i tempi siano troppo stretti e non permettano ai condannati il tempo sufficiente per poter richiedere la grazia. 

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