A Torino, dal 16 febbraio, una mostra dedicata a Bruno Munari

Il Museo Ettore Fico di Torino sta per celebrare, dal 16 febbraio all'11 giugno, uno degli esponenti più illustri, e innovativi, del design, e della grafica, del ventesimo secolo: Bruno Munari.

A Torino, dal 16 febbraio, una mostra dedicata a Bruno Munari

Il Museo Ettore Fico di Torino propone, dal 16 febbraio 2017, una memorabile mostra su Bruno Munari, uno dei personaggi più significativi dell’arte e del design mondiale del XX secolo.

L’esposizione al MEF vuol documentare la poliedrica attività dell’artista italiano, esaltando l’originalità e la varietà della sua creazione, le sperimentazioni e le idee sull’arte ed il design, attraverso disegni, progetti, collage, dipinti, sculture, libri illeggibili, oggetti di industrial design, grafiche editoriali, libri, e molto altro. Un’immersione nella genialità di uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design, e della grafica del XX secolo. 

Bruno Munari (1907-1998) è senza dubbio il più eclettico artista-designer italiano. Sin dagli esordi negli anni ’30, con il Secondo Futurismo, ha dedicato la propria attività creativa alla sperimentazione, con un’attenzione particolare per il mondo dei bambini e dei loro giochi. Le sue creazioni nei campi della pittura, scultura, design, fotografia e didattica, aggettano la sua personalissima originalità.

Nato a Milano il 24 ottobre del 1907, Bruno Munari trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Badia Polesine, dove i suoi genitori gestiscono un albergo. Nel 1925 conosce Marinetti, stringe amicizia con Balla e Prampolini, i futuristi che lo influenzano maggiormente. Dal 1927, partecipa alle collettive futuriste: espone alla milanese Galleria Pesaro, alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma, e a Parigi. Nel 1933, le sue prime macchine inutili, concepite secondo i presupposti dell’arte programmata, lo rendono celebre negli ambienti artistici dell’epoca.

Inventa “L’agitatore di coda per cani pigri”, studia “Il motore per tartarughe stanche”. Nel 1939, diventa art director della rivista Tempo. Con Max Huber, collabora alla creazione dell’immagine della casa editrice Einaudi. Il suo primo multiplo cinetico (“Ora X”) nasce nel 1945. Nel 1948/49, crea i suoi “libri illeggibili”, nel 1951 le “strutture continue” tridimensionali, gli esperimenti sul “negativo-positivo”, successivamente quelli sulla luce polarizzata per proiezioni dalla materia, i numerosi film di ricerca, la progettazione di oggetti di arte cinetica, le sue famose “sculture da viaggio” in cartoncino piegabile.

Seguono le “Xerografie originali”, i “Polariscop”, gli oggetti flessibili “Flexy”, i giochi per i bambini, e tanti vari oggetti di arte cinetica. Non meno prolifica è la attività nel campo della grafica, in quello degli allestimenti, e in quello della saggistica. Tra i suoi numerosi scritti, fondamentali sono “Design e comunicazione visiva” (1968), “Arte come mestiere” (1966), “Artista e designer” (1971), “Codice ovvio” (1971).

Consegue premi e riconoscimenti in ogni parte del mondo: il premio della Japan Design Foundation (1985), quello dei Lincei per la grafica (1988), il premio Spiel Gut di Ulm (1971 – 73 – 87), e, nel 1989, la laurea ad honorem in architettura dall’Università di Genova.

Designer, scultore, scrittore, pedagogista, è considerato uno dei massimi esponenti dell’arte, del design, e della grafica del 20° secolo. La sua estrosa creatività è rimasta tale per tutta la carriera, a sostegno dell’indagine costruttiva della forma attraverso sperimentazioni visive e tattili e, insieme, alla sua innata capacità di comunicarla attraverso parole, oggetti, giocattoli. Inizialmente vicino al futurismo, se ne allontanò lentamente dedicando la sua ricerca all’approfondimento di forme e colori, e all’autonomia estetica degli oggetti. 

Bruno Munari vive tutte le età più significative dell’arte e del progetto, confermandosi un protagonista sin dagli anni Trenta, con la creazione delle “macchine inutili” nel 1933, congegni meccanici presentati come modelli sperimentali che indagano sulle possibilità percettive, che fanno di Munari un precursore dell’optical art, e con il lavoro di grafica editoriale.

Nel secondo dopoguerra Munari si afferma come uno dei “pensatori” di design più fervidi: la collaborazione con tutte le aziende più importanti per la rinascita del Paese dopo la guerra – dalla Einaudi alla Olivetti, dalla Campari alla Pirelli – e una serie di geniali invenzioni progettuali ne fanno un personaggio cardine per la grande stagione del design italiano.

Spazia fra grafica, oggetti, opere d’arte, in un metodo progettuale che si va delineando con gli anni, grandi corsi nelle università americane, come il MIT. Il progetto più ambizioso di tutti è quello dei laboratori per stimolare la creatività infantile, che dal 1977 sono tuttora all’avanguardia nella didattica dell’età prescolare e della prima età scolare. Gli studi di Munari, sull’apprendimento dell’età infantile, sono incentrati sul concetto di gioco, l’unico vero strumento che il bambino ha durante suoi anni di sviluppo per conoscere, concretamente, l’ambiente in cui vive.

Attraverso il gioco il bambino acquisisce le informazioni che rielaborerà da adulto, sviluppando tutti i suoi sensi avrà un rapporto autentico con l’ambiente. Vista, tatto, gusto, udito e olfatto, sono i canali con i quali il bambino impara a memorizzare la realtà circostante, e non esiste altro metodo oltre al gioco per stimolarli. Questa è l’idea alla base di molte sue creazioni dedicate all’infanzia.

Il linguaggio tattile è la prima forma di comunicazione del bambino. Nel 1977, presenta alla Pinacoteca di Milano il suo primo laboratorio per bambini e, nel 1979, progetta i prelibri. Dodici piccoli libri quadrati, senza scritte, chiamati così proprio perché realizzati per i bambini che ancora non hanno imparato a leggere. Ognuno di questi libri ha come titolo la parola LIBRO, ed è realizzato con un materiale diverso. 

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