Sparatoria a Palazzo Chigi: 16 anni per Luigi Preiti

Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione per la sparatoria a Palazzo Chigi in cui rimase ferito Giuseppe Giangrande. Per la figlia del carabiniere, Martina, si tratta di una condanna giusta. I legali di Preiti, invece, hanno intenzione di ricorrere in Cassazione

Sparatoria a Palazzo Chigi: 16 anni per Luigi Preiti

Confermata la condanna a 16 anni per Luigi Preiti, autore della sparatoria a Palazzo Chigi.

Il 28 aprile 2014 Luigi Preiti si rese autore di una sparatoria di fronte a Palazzo Chigi durante la quale venne gravemente ferito il maresciallo Giuseppe Giangrande, che da allora ha affrontato una serie di interventi e di riabilitazioni.

Oggi la Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna che era stata inflitta a Luigi Preiti con il rito abbreviato. Preiti è stato condannato anche al pagamento delle spese di giudizio e ad alcuni risarcimenti.

Al momento della lettura della condanna dei giudici Luigi Preiti era in aula ma non ha avuto alcun tipo di reazione. In aula anche Martina, la figlia di Giangrande che ha ritenuto giusta la decisione dei giudici. “Quella dei giudici è una decisione giuta, va bene così” ha detto Martina. Su Preiti, invece, la giovane non ha avuto nulla da dire. “A lui non ho proprio nulla da dire”. Quando e è stato chiesto, invece, quali sono le condizioni di salute del padre, la giovane ha risposto che l’uomo è in condizioni “stabili e questo è già un grosso risultato”.

Nessuna reazione da parte di Luigi Preiti, mentre i suoi legali Raimondo Paparatti e Mauro Danielli hanno intenzione di ricorrere in Cassazione. “Non si commentano le sentenze prima di leggere le motivazioni. L’unica cosa certa è che sicuramente ricorreremo in Cassazione”.

Secondo i due legali ci sono stati dei punti che hanno penalizzato il loro cliente a cui “non sono state nemmeno riconosciute quelle attenuanti generiche chieste dalla stessa procura in sede di giudizio di primo grado. A nostro avviso c’erano i presupposti per una rinnovazione dibattimentale con l’effettuazione di una perizia psichiatrica. La realtà è che è evidente ed è stata certificata l’esistenza di un disturbo psicologico-psichiatrico di cui tuttavia i giudici non sono riusciti ad ammetterne la rilevanza processuale”.

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