Roma nell’orrore: gambe mozzate in un cassonetto

A ritrovarle, una ragazza che frugava nel cassonetto verso le 20 di ieri sera. La polizia indaga, ma gli elementi sono pochi: sparito il resto del corpo.

Roma nell’orrore: gambe mozzate in un cassonetto

In un cassonetto per l’immondizia, ben occultate in un contenitore di metallo, sono state trovate un paio di gambe, resti di un cadavere sezionato: le prime ipotesi dicono siano state tagliate con una sega.

L’orrida scoperta è stata fatta da una ragazza, ieri sera verso le 20, mentre stava rovistando tra i cassonetti della zona in cerca di qualcosa che potesse tornarle utile. Giunta in un cassonetto nel tratto di viale Maresciallo Pilsudski, a due passi da piazza Euclide e poco lontano da Villa Glori, a Roma, ha fatto la macabra scoperta.

Quando la giovane ha compreso il contenuto del cassonetto, ha avuto un malore e, immediatamente, ha dato l’allarme. La polizia scientifica si è recata subito sul posto per i rilievi di competenza, ed ora sta procedendo con le indagini. Da qualche anno, a Roma, non succedeva qualcosa del genere: un’atrocità che ha sconvolto tutti.

Per ora, finché altri elementi non andranno a ricostruire il fatto, si tratta di un vero “giallo”. Il corpo sezionato sembra, secondo una prima ispezione del medico legale, non appartenere a una persona senza fissa dimora. 

Gli agenti della squadra mobile hanno già iniziato le indagini, ma risultano faticose, perché non hanno a diposizione molti elementi. Effettivamente ci sono solo le gambe, pertanto non è possibile dare un nome e un’identità al morto attraverso le impronte digitali. I due arti, sezionati all’altezza dell’inguine, sembrano curati e, forse per questo, appartenenti a una donna. La polizia, per ora, sta analizzando le denunce di scomparsa nella speranza di potere trovare la pista precisa. 

Il fatto ha riportato alla memoria l’agosto del 2015, quando fu ritrovata nel fiume Aniene, sempre a Roma, una gamba tagliata sotto il ginocchio. I tatuaggi sul polpaccio aiutarono le indagini: “S.S. Lazio” e “Oggi è un bel giorno per morire“.  Dopo un paio di giorni, l’arto venne identificato: era di Gabriele Di Ponto, un ultrà della Lazio già conosciuto alle forze dell’ordine. Il resto del suo corpo non fu mai ritrovato. L’amputazione avvenne per un regolamento di conti della malavita di San Basilio.

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