Roma, licenziato primo "furbetto del cartellino" con legge Madia

Licenziato il primo dipendente assenteista a Roma, per effetto della legge Madia. L'uomo era stato scoperto assente sul luogo di lavoro, dopo avere timbrato regolarmente il suo badge

Roma, licenziato primo "furbetto del cartellino" con legge Madia

Il primo dipendente pubblico assenteista e “furbetto”- che lavorava al Policlinico Umberto I di Roma –  è stato licenziato grazie ai provvedimenti introdotti dalla recente legge Madia.

L’uomo entrava ed usciva dal luogo di lavoro senza alcun problema, con sfrontatezza e noncuranza, tanto da essere scoperto e prontamente licenziato, grazie alle novità introdotte a luglio dalla normativa Madia. L’uomo, di 54 anni, è stato sorpreso in flagranza di reato mentre strisciava il suo tesserino, per poi abbandonare il luogo di lavoro. Un comportamento assunto e perpetuato per almeno tre giorni di seguito.

Dopo essere stato scoperto, il furbetto è stato prima sospeso, successivamente sottoposto a procedimento disciplinare interno all’amministrazione di appartenenza – il Policlinico Universitario Umberto I di Roma – e, infine, licenziato.

A scoprire le illecite abitudini del dipendente, è stato proprio il responsabile del dipartimento in cui lavorava il 54enne. I fatti risalgono al 23 agosto scorso, quando il responsabile del Dipartimento assistenza integrata del noto ospedale universitario romano, mentre stava attraversando la strada per entrare come ogni mattina in ufficio, nota un suo impiegato accendere l’automobile, e andare via.

Una cosa strana, perché solitamente gli impiegati entrano nel luogo di lavoro, e non vanno via, se non a fine giornata. Il sospetto, quindi, che qualcosa non vada si insinua sempre più in lui tanto da decidere di avviare qualche verifica, e fare qualche indagine. Il risultato è stato sorprendente: per tre giorni di seguito, il dipendente aveva timbrato il tesserino, ma non si era presentato al lavoro. Lo aveva fatto solo a fine turno, per timbrare l’uscita.

Come da prassi consolidata in questi casi, il dipendente infedele ha tentato una sua difesa, tirando in ballo svariate e fantasiose motivazioni: tipo, che aveva dovuto cercare un parcheggio, oppure che non aveva sentito bussare alla porta del suo ufficio, perché era in bagno. A smentirlo, varie testimonianze, che lo hanno condotto dritto al licenziamento.

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