Mostro di Firenze, caso riaperto: spunta la pista nera, un indagato

L'inchiesta sul mostro di Firenze non è conclusa: la Procura e i carabinieri del Ros stanno vagliando una nuova pista che conduce agli ambienti di estrema destra, ad un ex legionario.

Mostro di Firenze, caso riaperto: spunta la pista nera, un indagato

Sono passati 49 anni dal primo delitto avvenuto sulle dolci colline di sangue, ma l’incubo non è finito: la storia del Mostro di Firenze non è conclusa, la procura ha riaperto le indagini, concentrandosi su un uomo di 86 anni dal passato oscuro. 

Giampiero Vigilanti, classe 1930, è un ex legionario, nativo del Mugello, amante delle armi, legato ad ambienti dell’estrema destra ed ai servizi segreti: ha combattuto in Vietnam, e in Algeria. Vigilanti ebbe un ruolo marginale nelle indagini svolte su Pacciani e i compagni di merende: l’ex legionario è stato recentemente accompagnato sui luoghi dei delitti, pare sapere, ma non dice molto.

Vigilanti conosceva Pacciani: quando il contadino uccise il rivale in amore nel 1951, era residente a Vicchio. Subito dopo la condanna di Pacciani, nel 1952, sia arruolò nella Legione straniera: nel 1960, appena rientrato in Italia, conobbe i sardi, abitava nella medesima strada di Salvatore Vinci.

Gli investigatori, nel 1985, nutrivano sospetti sull’uomo: durante la perquisizione nel suo appartamento, trovarono articoli della Nazione sul delitto di Sagginale del ’74, pagine sulla strage dell’Italicus, numerosi ritagli sull’elezione del presidente Cossiga. Nel ’94, la polizia eseguì una nuova perquisizione per la denuncia di un vicino: trovarono 180 proiettili Winchester serie H, gli stessi sparati dalla Beretta calibro 22, quelli degli otto omicidi. 

Il procuratore Paolo Canessa, in collaborazione con il collega Luca Turco, non molla e intende approfondire l’inedita pista nera: i delitti del mostro sarebbero stati studiati a tavolino per eludere l’attenzione dei magistrati, dell’opinione pubblica, sulle vicende che attanagliavano l’Italia durante la strategia della tensione. Vieri Adriani, l’avvocato della coppia francese massacrata nell’85, fu il primo ad indicare tale pista: vi sono inquietanti corrispondenze tra stragi e misteri italiani.

La bomba sull’Italicus esplode il 4 agosto del 74, il 14 settembre il mostro uccide a Sagginale Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore; mentre tutta l’attenzione era sulla loggia di Licio Gelli, il Papa aveva subito un attentato ed era scoppiata la bomba a Bologna, il 6 giugno dell’81 vennero massacrati Carmela Di Nuccio e Giovanni Foggi; Il 23 ottobre ’81, il giorno dopo il delitto di Susanna Cambi e Stefano Baldi, avvenne uno sciopero generale. Il giorno dopo il ritrovamento del banchiere Roberto Calvi, impiccato sotto il ponte dei frati neri a Londra, Antonella Migliorini e Paolo Mainardi vennero uccisi.

Le vittime mai casuali: la Pettini era la figlia di un partigiano di Vicchio. Il giorno del delitto ricorreva il trentennale della liberazione del Paese: seguendo lo stile di una esecuzione nazifascista, come fossero stati sotto il tiro dell’arma, i vestiti della coppia vennero rinvenuti perfettamente piegati fuori dalla macchina. 

L’ex legionario conosceva bene anche Rolf Reinecke, un filonazista, che da Prato si era trasferito nella piazzola di Giogoli, in cui vennero uccisi i due ragazzi gay nel 1983.

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