Maria e un amico bruciati nell’auto. Mistero sull’autore del delitto

Aveva portato la figlia agli esami, poi il rogo. Il compagno, interrogato per ore dai carabinieri, ha un alibi. Scartata la pista dell'omicidio-suicidio, si fa strada l'ipotesi di un duplice omicidio di stampo malavitoso.

Maria e un amico bruciati nell’auto. Mistero sull’autore del delitto

Sono un uomo e una donna i due cadaveri ritrovati a bordo di una Ford Fiesta ieri nel quartiere Torvaianica di Roma. Si tratta di Maria Corazza, 46 anni, e di un amico di famiglia, Domenico Raco. Chi li ha uccisi? Per adesso non è possibile saperlo. Il compagno della donna è stato interrogato a lungo dai carabinieri, ma a quanto pare avrebbe un alibi di ferro.

La dinamica dei fatti è stata tracciata dai carabinieri. Ieri mattina, intorno alle 8, la donna, il compagno e la figlia di dodici anni, hanno preso l’auto, accompagnato la figlioletta a scuola e, poi, si sono diretti sui rispettivi luoghi di lavoro: lei in una ditta di pulizie per l’Eni, lui in un’azienda di vernici per macchine sportive. Si salutano e si separano.

Alle 8,45 arriva al 112 la segnalazione di un’auto a fuoco alla periferia di Torvaianica. I vigili del fuoco arrivano e, dopo aver spento l’incendio, fanno la macabra scoperta: all’interno dell’auto ci sono due corpi completamente carbonizzati. Il medico legale non ha dubbi: si tratta di un uomo e una donna. Difficile dire se erano ancora vivi quando l’auto hanno preso fuoco.

L’unica cosa certa è che i carabinieri rintracciano il compagno della donna, Giuseppe Travaglini di 55 anni, direttamente al lavoro. Lui dice di non sapere nulla di ciò che è accaduto. Viene interrogato dai carabinieri e dal pm di Velletri come “persona informata dei fatti”, ma senza accuse. “Nessun fermo, è un uomo libero”, sottolineano gli inquirenti.

Intanto, si fanno strada varie ipotesi. In particolare due: la prima è che l’uomo abbia scoperto la nuova relazione della compagna e l’abbia uccisa o fatta uccidere da qualcuno su commissione, visto che il suo alibi è stato comunque confermato anche da colleghi e conoscenti. Quindi, resterebbe in piedi solo il duplice omicidio su commissione.

La seconda pista porterebbe al classico gesto dell’omicidio-suicidio dell’amante, che prima ha ucciso la donna e poi ha cosparso di liquido infiammabile la macchina per ammazzarsi. Un’ ipotesi però scartata dagli esperti, secondo cui è impossibile darsi fuoco per poi restare fermi e immobili mentre il fuoco ti divora.

“L’istinto di sopravvivenza – spiegano i criminologi – fa fare cose anche contro una volontà di ferro”. Uno di questi è sicuramente quello di aprire la portiera e gettarsi quantomeno a terra per il dolore. La scena del crimine, insomma, lascia pensare a un duplice omicidio. Un atto che ricorda, ma solo in parte, il modus operandi della malavita. 

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