Le rivelazioni dei giudici: ecco perché Bossetti uccise Yara

Sono state finalmente depositate le motivazioni che spinsero i giudici a condannare Massimo Bossetti all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Dalla sentenza emergono particolari raccapriccianti.

Le rivelazioni dei giudici: ecco perché Bossetti uccise Yara

Massimo Bossetti è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio lo scorso 1° luglio 2016, ed i giudici di Bergamo nelle ultime ore hanno finalmente depositato le motivazioni della sentenza: 158 pagine all’interno delle quali vengono svelati retroscena inediti di uno dei delitti più atroci ed efferati del secondo dopoguerra italiano.

Yara venne uccisa il 26 novembre 2010, e da allora le indagini hanno avuto la loro usuale dose di conferme, smentite e svolte più o meno clamorose, come qualsivoglia processo mediatico tenuto nella nostra penisola. Ma ciò che non era mai emerso sino ad ora, quantomeno non nei dettagli più cruenti, erano il modo ed il motivo in cui – e per cui – la 13enne venne brutalmente assassinata.

All’interno delle 158 pagine della sentenza, i giudici di Bergamo hanno chiosato in maniera lapidaria che fu “un omicidio di inaudita gravità“, con “l’aggravante dell’aver adoperato sevizio e agito con crudeltà“. In altre parole, Massimo Bossetti non uccise subito Yara non tanto per incapacità, o perché la giovane riuscì a difendersi: prolungò volontariamente la sua agonia poiché voleva torturarla, vederla soffrire.

Le motivazioni della sentenza spiegano infatti di aver riconosciuto le aggravanti dopo aver valutato: “Le sevizie in termini oggettivi e prevalentemente fisici, la crudeltà in termini soggettivi e morali di appagamento dell’istinto di arrecare dolore e di assenza di sentimenti di compassione e pietà“, dipingendo dunque Bossetti come un gelido torturatore medievale.

Riguardo invece ai motivi che spinsero l’uomo a seviziare ed uccidere la 13enne, i giudizi hanno affermato che Bossetti torturò a morte Yara Gambirasioin un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova fino ad allora”.

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