La donna ferita a Torino è morta dopo dodici giorni di agonia

La trentottenne di Domodossola, schiacciata dalla folla in piazza San Carlo, durante la finale di Champions, è morta ieri sera. Speranze finite: solo disperazione e lacrime.

La donna ferita a Torino è morta dopo dodici giorni di agonia

Erika si è spenta ieri sera, nel reparto rianimazione del San Giovanni Bosco, dove era ricoverata dal 3 giugno a causa dei traumi riportati per essere stata travolta durante i festeggiamenti in piazza a Torino, per la finale di Champions.

I magistrati, come da prassi, hanno disposto l’autopsia al termine della quale i genitori hanno espresso la volontà di donare gli organi. La salma verrà poi cremata.

Dopo giorni e giorni terribili, scanditi da un tempo che sembrava non passare mai, da un dolore straziante, da momenti di raccoglimento, di preghiera, di pianto, dalle prime luci di ieri, si era accertato definitivamente un danno cerebrale giudicato “gravissimo” dai medici, con una prognosi “pessima”.

Era chiaro che si trattava solo di ore. Le speranze erano finite. Varie le voci levatesi a pretendere chiarezza e giustizia. Tra tutte, tuona quella dell’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia: «La ferita al cuore stesso della città resterà come un marchio che pesa sulla nostra coscienza di cittadini e su quanti sono stati la causa diretta o indiretta degli assurdi incidenti capitati in quello che doveva essere un sereno e gioioso incontro di tifosi».

Ancora più duro, comprensibilmente, lo sfogo del compagno della ragazza: “Quella per la finale doveva essere una festa, non immaginavamo di trovarci in mezzo alla bolgia. Io non avevo un’idea precisa di cosa avrei trovato in piazza, ma non era quello che mi ero immaginato: era tutto disorganizzato, c’erano venditori abusivi, entrava chiunque senza controllo, c’erano bottiglie dappertutto”.

È come – continua il giovane – se la sindaca avesse lasciato aperta la porta di casa sua, senza rendersi conto che entravano trentamila persone. E quando il fattaccio ormai è accaduto, dice scusate Ecco, “mi spiace” sono parole che non riusciamo a sentire“.

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