“L’edicola” di Renato Guttuso a Bagheria, finalmente il restauro

Esposta a Villa Cattolica, "L'edicola" è stata per tanto tempo in degrado. Domani si parlerà del suo restauro a Palermo al Museo Riso, per far rivivere l'unica opera di questo genere del grande pittore

“L’edicola” di Renato Guttuso a Bagheria, finalmente il restauro

“L’edicola” di Renato Guttuso, unica sua scultura in bronzo, ha trovato finalmente l’interesse da parte della sovrintendenza per essere restaurata e portata allo splendore. L’opera è stata realizzata dall’artista nel 1965, ed oggi si trova nella Villa Cattolica di Bagheria, dove ha sede il museo intitolato a Renato Guttuso. La scultura è stata restaurata accuratamente dall’equipe dello storico Giuseppe Basile, purtroppo scomparso recentemente. Domani, alle 17, nel corso dell’incontro a Palazzo Riso di Palermo, ci sarà un dibattito sul restauro e le sue fasi, in memoria anche di Giuseppe Basile. A parlare saranno il direttore Valeria Patrizia Li Vigni, e interverranno il figlio adottivo del pittore, il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, e la direttrice del Museo, Dora Favatella Lo Cascio. 

Interessante ed intrigante la storia dell’opera di Guttuso, unica nella sua carriera perché in bronzo, e la preferita dell’autore. Infatti, l’artista teneva l’opera nella villa di Velate, in Lombardia, posta sotto un platano, e accoglieva i visitatori che lo andavano a trovare con la figura di quest’uomo intento a sfogliare un enorme giornale. Il campo in cui si era cimentato era nuovo per lui, e ben presto si accorse che le impressioni che emanava quell’opera non avrebbe potuto trasmetterle su tela. E allora imparò alla perfezione la tecnica e i materiali per creare il suo capolavoro, utilizzando del gesso per fare i jeans, del flano per il giornale, e concludere l’opera con la fusione in bronzo fatta a Roma, all’interno del Palazzo del Grillo.

Il figlio adottivo, Fabio Carapezza Guttuso, ha preparato una specie di raccolta di fotografie e note scritte dalla mano di Guttuso, documenti importanti che sono serviti a chi ha restaurato l’opera. Il tratto di restauro è stato eseguito come se fosse un’opera antica, che ha permesso di riportare alla luce i colori luminosi, che per lungo tempo erano stati oggetto di intemperie. Lo stesso Basile aveva affermato di essersi accorto solo in seguito che “non si trattava di una scultura in bronzo dipinto a fuoco, ma di una lega di rame più vicina all’ottone che al bronzo, quasi completamente ricoperta di una pittura a freddo, acrilico e con mani e testa dorate, una tecnica complessa e del tutto inedita”. 

Continua a leggere su Fidelity News