Iraq, portaerei francese operativa: parla uno dei piloti

Uno dei piloti francesi impegnati nelle operazioni della portaerei De Gaulle ha concesso oggi un'intervista, dopo i raid effettuati stanotte, spiegando a grandi linee il genere di missioni che i caccia saranno chiamati a compiere

Iraq, portaerei francese operativa: parla uno dei piloti

Un militare francese ha rilasciato oggi un’intervista, rigorosamente a volto coperto, come impone la politica dell’anonimato voluta dalla Francia in seguito agli attacchi terroristici di Parigi dello scorso 17 Gennaio. Il suo nome in codice è Charpy, ed è uno dei piloti impegnati nelle operazioni militari della portaerei francese De Gaulle, ora operativa nel Golfo Persico. L’entourage del ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian aveva annunciato nella mattinata dello scorso 23 Febbraio l’inizio ufficiale della missione, consistente nel fornire supporto aereo alle milizie curde ed irachene nella guerra contro l’Isis. La De Gaulle è il fiore all’occhiello della marina transalpina, ed è accompagnata nelle operazioni dalla fregata di difesa antiaerea Chevalier Paul, da una petroliera-serbatoio, dalla fregata britannica di difesa anti-sottomarini HMS Kent e dal un sottomarino nucleare.

Una vera e propria task force ad alta tecnologia, che dovrà impegnarsi a mantenere in sicurezza la straordinaria portaerei, che trasporta 12 caccia Rafale, 9 Super Etendard, un aereo Hawkeye e 4 elicotteri. Charpy, rientrato oggi da una missione, è un pilota navigato: ha già servito in Afghanistan ed in Libia, e si è dimostrato entusiasta all’idea di affrontare questa nuova missione, per supportare gli alleati mediorientali nella guerra contro i fondamentalisti islamici. “Siamo molto ben addestrati” spiega, dopo essere rientrato in seguito al raid effettuato in nottata “Conosciamo tutte le procedure, ma è necessario prendere confidenza con il territorio.

Il conflitto in atto presenta però delle dinamiche differenti rispetto alle situazioni alle quali Charpy è abituato: “Abbiamo molte poche unità a terra”, ha infatti spiegato il pilota francese. Infatti, sebbene nei conflitti precedenti i caccia avessero effettuato prevalentemente operazioni di supporto ad una nutrita presenza di fanteria e mezzi corazzati sul fronte, in questo caso i soldati a terra sono invece molto pochi. “L’obiettivo principale dei nostri aerei è quello di identificare i movimenti del nemico, localizzarlo quando cambia posizione. Si tratta di un modo innovativo di fare la guerra”.

I caccia hanno infatti fotografato diversi obiettivi sensibili dell’Isis, che potrebbero essere oggetto di attacco in un secondo momento, assistendo contemporaneamente le milizie irachene ed i peshmerga curdi attraverso una sorta di “operazione di intelligence in tempo reale“, mirata a comunicare di volta in volta gli spostamenti degli jihadisti. Una sorta di “grande occhio dal cielo”, utile ai combattenti locali per avere di volta in volta una mappatura precisa dall’alto. “Con i nostri mezzi di ricognizione-ha proseguito il pilota-che includono modelli di videocamere ad infrarossi, possiamo monitorare i movimenti di uomini e veicoli, e dare un’idea precisa di ciò che sta accadendo a terra”.

Charpy ha parlato anche di quanto sia difficile riuscire a portare avanti alla perfezione ogni singola operazione, e di quanto sia fondamentale saper rispondere con efficacia ad ogni genere di imprevisto. A suo dire infatti, la parte più ardua della missione comincia una volta che il nemico è stato ingaggiato: “Devi reagire in fretta, sganciare una bomba o sparare. E’ stressante. L’adrenalina è alle stelle, e questo ti permette di tenere duro. Poi ci sono dei momenti in cui puoi volare con più tranquillità, ed è proprio a quel punto che subentra la stanchezza”.

Il finale è dedicato alla triste vicenda del pilota giordano Maaz al-Kassasbeh, bruciato vivo dall’Isis in seguito alla sua cattura: “Questo genere di abusi ha inevitabilmente un effetto psicologico-ha ammesso il militare-molti piloti si chiedono <<che succederebbe se dovessi cadere nelle mani dell’Is?>>. Ma questo ha anche incrementato la nostra determinazione. Combattere un nemico capace di tali atti di crudeltà è ovviamente una grande fonte di motivazione per i piloti”.

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