Infermieri giocavano a torturare i pazienti: ecco chi ha pagato

Non è finita bene la vicenda degli infermieri colpevoli di aver giocato ad infilare aghi sempre più grossi nelle vene dei pazienti per un giro di scommesse su Whatsapp: alla fine ha pagato chi ha denunciato.

Infermieri giocavano a torturare i pazienti: ecco chi ha pagato

Gli infermieri giocavano ad infilare aghi sempre più grossi nelle vene dei pazienti, in una sorta di sfida continua nata come scommessa su Whatsapp, ma alla fine a pagare per lo scandalo è stato proprio il primario che li aveva denunciati.

Quando scoppiò il caso in quel di Vicenza, tutti rimasero indignati: nell’ospedale San Bortolo il personale infermieristico scommetteva sulla propria maestria nell’infilzare i degenti, registrando poi con precisione i punteggi ottenuti durante le varie sfide (più un ago era grosso, più punti si portavano a casa).

Vicenzo Riboni, primario del Pronto Soccorso, quando venne a sapere del perverso gioco portato avanti dai suoi infermieri non esitò a denunciare tutto alle autorità competenti. Ma oggi il medico è stato sospeso dall’incarico con privazione totale dello stipendio fino al prossimo 2 ottobre, con tanto di “gentile consiglio” a valutare la pensione.

In tutto ciò gli infermieri che giocavano ad infilare grossi aghi nei pazienti senza che ve ne fosse la necessità medica, ma solamente per ottenere più punti nel gioco portato avanti su Whatsapp tra colleghi, non sono stati soggetti ad alcun provvedimento disciplinare. L’unica “punizione” inflitta loro è stata il trasferimento, il continuare a lavorare in altri reparti, separandoli per tentare di insabbiare lo scandalo facendolo passare sotto silenzio.

E’ una intollerabile e inaccettabile e riprovevole strumentalizzazione dei pazienti nell’esercizio della professione” aveva tuonato il dottor Riboni, riferendosi all’attività degli infermieri. Lo stesso primario aveva spiegato che la loro condotta era stata mossa da “una strategia che testimonia l’intenzionalità dei comportamenti a danno del paziente, come evidenziato dalle carte allegate alla presente” nella sua denuncia.

Purtroppo però il Nursind, sindacato degli infermieri, si è messo di traverso ed ha avviato la propria macchina politica e burocratica contro lo stesso Vincenzo Riboni, il quale dal canto suo ha potuto contare su ben pochi santi in Paradiso. Il primario, con alle spalle un passato da medico missionario in Africa e nei Balcani violentati dalla guerra, un uomo che ogni anno utilizzava le sue ferie estive per prestare servizio gratuito in ospedali del Sudan è stato infatti descritto come un irriducibile idealista, uno che combatte contro i mulini a vento, “uno che non le manda a dire e per difendere un principio, in un luogo nevralgico come il Pronto soccorso, può litigare con tutti” come hanno sottolineato dal Nursind.

Ed ora potrebbe persino dover pagare di tasca propria i danni d’immagine all’ospedale, al Pronto Soccorso ed alla città di Vicenza, qualora la controdenuncia del sindacato degli infermieri andasse a buon fine. Mentre agli infermieri responsabili materiali del perverso gioco ai danni dei pazienti, è stato rimproverato solamente di avere utilizzato Whatsapp durante l’orario di lavoro.

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