Incinta di nove mesi, sepolta viva. Permesso premio al mostro

Dopodomani saranno passati undici anni. Era la notte fra il 29 e il 30 aprile 2006, quando Jennifer Zacconi venne massacrata dal suo fidanzato. Per la giustizia, il mostro merita un permesso premio.

Incinta di nove mesi, sepolta viva. Permesso premio al mostro

Era la notte fra il 29 e il 30 aprile 2006 quando Jennifer Zacconi, incinta al nono mese di gravidanza, venne massacrata a calci e pugni e sepolta viva in una buca a Maerne di Martellago. Aveva 20 anni.

Trovò la morte insieme ad Hevan che portava in grembo, il fidanzato Lucio Niero, sposato con tre figli, le aveva detto che era separato. Quel figlio che stava per nascere avrebbe distrutto la messa in scena. E’ stato condannato nel 2008 a trent’anni di carcere, ma ha appena usufruito del suo primo permesso premio.

Il beneficio è previsto da una legge del 1975: per quindici ore, dalle 8.30 alle 23.30, domenica scorsa, il 45enne è uscito dal carcere di Montorio, per trascorrere una serena giornata a casa della sorella e del cognato, alle porte di Castelfranco Veneto.

A permetterglielo è stato il decreto, firmato il 12 aprile dal magistrato di sorveglianza Isabella Cesari e vistato l’indomani dal procuratore aggiunto Angela Barbaglio, che ha accolto la richiesta presentata dallo stesso Niero il primo di questo mese.

Il padre Tullio Zacconi in un’intervista ha ribadito il contenuto del referto autoptico del medico legale Antonello Cirnelli e la requisitoria del pubblico ministero Stefano Buccini: “Strappati tutti i capelli, spaccata la spina dorsale, presa a pedate, buttata in una fossa e calpestata quando ancora respirava, con in grembo un bambino che avrebbe partorito pochi giorni dopo..Ringraziamo le istituzioni, il governo che abbiamo, le leggi che ci sono. Se dopo undici anni e con due omicidi sulle spalle – ma per la sentenza è stato solo uno – mandano fuori un assassino anche soltanto per una giornata, dentro di me non posso che avere rabbia. Chi paga è la vittima e basta, il carnefice non paga niente”.

Jennifer in quella notte fra il 29 e il 30 aprile 2006 è stata torturata con una crudeltà inaudita, agghiacciante: il padre di suo figlio l’ha presa a calci nella pancia per poi trascinarla in un fosso cercando di strangolarla con una corda. Quell’uomo che aveva amato le ha quindi premuto il volto nel fango fino a fratturarle il setto nasale: ha continuato ad infierire su quel corpo saltandole sulla schiena, spezzandole la spina dorsale. L’ha coperta di sterpi e se ne è andato via. Jennifer non era morta, ha inalato acqua sporca, deglutendo il terriccio, aspirando la fanghiglia, paralizzata in quel buco, sola, mentre il suo bimbo moriva con lei.

Merita un permesso un uomo capace di fare tutto questo?

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