Il datore di lavoro ai dipendenti: “Io sono dio”

Costretti a ritmi massacranti, a retribuzioni negate e minacciati da messaggi: i lavoratori di un’azienda veneta di televendite decidono di ribellarsi ed hanno avviato una causa contro i titolari.

Il datore di lavoro ai dipendenti: “Io sono dio”

Poteva essere una storia di qualche anno fa e invece si racconta proprio ai nostri giorni: il titolare di un’azienda di televendite di abbigliamento su alcune tv locali nel Veneto, ci teneva a far capire – e a far sentire a chi lavorava nella sua azienda – di avere il controllo completo su tutti i dipendenti, tra l’altro tutti molto giovani.

Aveva un controllo “onnipotente e onnisciente” se il titolare arrivava a firmarsi “Dio” nei messaggi che inviava ai suoi sottoposti nella chat di gruppo.

Ecco un esempio di messaggio minatorio: “Dal 31 luglio uno di voi rimarrà a casa. Godo solo al pensiero che starete tutti in ansia. Un bacio da Dio“. Questo è solo uno dei tanti messaggi che il titolare ha inviato ai suoi dipendenti nella chat di gruppo, terrorizzandoli e facendoli stare in ansia, naturalmente.

Costretti a turni massacranti, a umiliazioni, a lavoro in nero e spesso non retribuito, i giovanissimi dipendenti si sono “ribellati”. Dopo alcuni mesi di sopportazione, hanno rinunciato al posto di lavoro ed hanno mosso causa contro gli ex datori di lavoro.

Giada, una delle giovani lavoratici che insieme ad alcuni colleghi si è rivolta al sindacato Adl Cobas, ha raccontato: “Avevamo turni massacranti. Anche dodici ore senza pausa pranzo, dalle otto alle venti, in spazi piccoli. Quando uscivamo avevamo la nausea. Venivamo trattati malissimo, insultati anche in diretta televisiva”.

Sono sei in tutto i dipendenti che, non riconoscendo il titolare come loro “dio” e “signore”, hanno lasciato senza ripensamenti l’azienda ed ora, con la mediazione di uno studio legale, stanno chiedendo le loro ultime retribuzioni ed il TFR spettante di diritto. L’unica via d’uscita per avere retribuzioni e TFR è stata quella di affidare la vicenda ad uno studio legale perchè – come ha spiegato Adl Cobas – “l’azienda ha rifiutato ogni tipo di accordo che il sindacato ha provato a proporgli“.

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