Eutanasia: colpo d’ala di Edoardo “Io più forte della disperazione”

Da un anno e mezzo è paralizzato a causa di un incidente. Il diciottenne non teme la vita, anche se diversa da come l’aveva sognata: “Non giudico le scelte altrui, anche io ho pensato al suicidio. Ma voglio credere ancora nel futuro”.

Eutanasia: colpo d’ala di Edoardo “Io più forte della disperazione”

Balza come una luce improvvisa, Edoardo Bonelli, il 18enne studente del liceo americano che, a causa di un incidente, ora si trova immobilizzato nel corpo, ma non nella vita che si alimenta da qualcos’altro e si muove grazie alla fiducia, all’affetto, e all’amore.

Brilla la testimonianza del giovane mentre tutt’intorno “divieto di morte” e “diritto alla morte” si fronteggiano, per assicurare a chi, come Edoardo, si trova nelle difficoltà del corpo, di scegliere la morte.

Il messaggio del giovane va contro ogni rassegnazione, disperazione. La vita è un dono anche nelle sue sfumature più dolorose. La riflessione di Edoardo è sostenuta, forse, dalla fede, ma non solo. Egli crede nella vita.

L’incidente, come lui racconta, è stato davvero banale, ma devastante: un anno e mezzo fa, un’automobilista gli ha tagliato la strada ed è caduto. “Se si dovesse ripetere per mille volte quella dinamica, non ci sarebbero conseguenze così gravi. Frattura di due vertebre alte, C5 e C6, paralisi quasi completa. Per mesi in un letto”. Poi piano piano, con fatica, alcune funzionalità sono riprese, come lo sfiorare la tastiera del cellullare, e il potersi connettere con il mondo.

Per Edoardo, nel giro di pochi secondi, tutto è cambiato. Inizialmente è stata dura: ha pensato anche al suicidio. Ma, poi, grazie alla famiglia, agli amici e, soprattutto, a se stesso, ha cominciato a riflettere. Alla fine, non senza travaglio, Edoardo ha deciso di credere nel suo futuro, di trovare le motivazioni per continuare a vivere.

Il giovane ha scelto di parlarne semplicemente perché “Se può essere utile condividere questo messaggio per chi è nelle mie stesse condizioni, allora lo faccio volentieri, parlandone e ascoltando anche voci diverse. Non voglio entrare nel merito di chi ha fatto altre scelte o di chi sostiene l’eutanasia. Ma la strada potrebbe essere un’altra. Quella di una razionale speranza, proiettata nel tempo, senza limiti, senza utopie”. 

La vita di Edoardo, in sedia a rotelle e un’auto attrezzata, continua come prima dell’incidente. Si reca ogni mattina al liceo americano di Torino, studia con profitto, frequenta gli amici, nel fine settimana va in montagna, tifa sempre per il Toro e, soprattutto, non riesce a odiare la moto dell’incidente. Non può odiarla: quel giorno andava piano, e aveva tutte le protezioni necessarie. Forse, la colpa sta nella manovra errata dell’automobilista, ma non nella sua Ktm 125 da enduro.

Subito dopo l’incidente, i rapporti con le persone che aveva accanto  racconta il giovane – erano dettati dalla sua situazione. Poi, piano piano, si sono normalizzati, e questo lo ha fatto sentire meglio. Non nasconde i momenti di scoraggiamento, che se ci sono per una persona in perfetto stato di salute, tanto più in lui.

Edoardo è informato sulle prospettive della scienza, sa che la chirurgia evolve continuamente, e con la scienza anche la possibilità di alzarsi, e camminare sostenuti da protesi che possono essere guidate da remoto. Ma non vuole nemmeno illudersi perché l’esoscheletro, in questa fase, gli assicurerebbe soltanto una mobilità limitata. E aggiunge: “Credo che il vero passaggio cruciale sia la ricostruzione del midollo leso, ma non so se ci riusciranno mai”.

Per Edoardo, la possibilità di accedere all’aiuto della scienza è strettamente legato alla questione dei risarcimenti. Mentre le assicurazioni cercano di pagare il meno possibile, il costo dell’assistenza – per chi si trova immobile – è altissimo, e non solo: Edoardo è giovane, e deve pensare anche a quando rimarrà solo. Il processo procede, gli avvocati lavorano, ma chissà quando si concluderà.

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