Condannata Abercrombie: non può licenziare per l’età

Sentenza di condanna per Abercrombie obbligata a reintegrare un dipendente licenziato perché aveva superato 25 anni. Per la Corte di Appello di Milano trattasi di attività discriminatoria

Condannata Abercrombie: non può licenziare per l’età

La famosa casa di moda arrivata dagli Stati Uniti in Italia qualche anno fa, è stata condannata a reintegrare una giovane lavoratrice licenziata per raggiunti limiti di età. La Corte di Appello ha condannato l’azienda perché ha ritenuto discriminatoria questa pratica, se si considera anche la giovane età della dipendente. Infatti il licenziamento è avvenuto quando la ragazza ha superato l’età di 25 anni.

Nel 2010 la dipendente era stata assunta presso il magazzino di Carugate nel milanese con un contratto a chiamata per la durata di 4 mesi, ma in realtà la lavoratrice lavorava part time in maniera continuativa. L’Abercrombie aveva giustificato questo tipo di contratto precario perché la dipendente “aveva meno di 25 anni ed era disoccupata”. Il contratto è stato poi prorogato fino fine 2011 diventato contratto a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2012. Dopo otto mesi la ragazza è stata licenziata.

Il tipo di assunzione utilizzato dall’azienda americana è definito “intermittente” e prevede che il dipendente deve essere sempre disponibile a chiamata in caso di bisogno (e solo se viene chiamato viene pagato), secondo la legge può essere proposta in via sperimentale ai disoccupati con meno di 25 anni, al fine di avviarli al mondo del lavoro. Ma raggiunta questa età la ragazza anziché essere assunta è stata mandata a casa.

Ma Laura Curcio, questo il nome della ragazza, non si è persa di animo è ha fatto ricorso contro la potente casa di moda, al fine di difendere i diritti dei precari. A seguito del ricorso della giovane, i giudici hanno condannato Abercrombie ha riassumere la lavoratrice e a indennizzarla con una cifra di poco più di 14 mila Euro. La condanna è maturata per il carattere discriminatorio per l’età applicato nei confronti della giovane nell’assunzione, quando anziché un contratto di lavoro subordinato gli era stato proposto un contratto a chiamata, anche se svolgeva le normali attività di lavoro in maniera continuativa anche in turni di notte.

Una piccola vittoria per l’esercito dei giovani lavoratori precari, che più delle volte sono costretti a sottostare ai ricatti di alcuni datori di lavoro pur di poter entrare nel mondo del lavoro.

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