Cinquantenne adescava una ragazzina su Facebook. Beccato a Palermo

La Chiesa ha da poco aggiornato l'elenco dei peccati da confessare, includendovi quelli informatici. Mai azione fu più sensata. In quel di Palermo, infatti, un disoccupato cinquantenne è stato proprio pizzicato mentre adescava una ragazzina su Facebook.

Cinquantenne adescava una ragazzina su Facebook. Beccato a Palermo

Di recente, la Chiesa si è ripromessa di aggiornare l’elenco dei peccati da confessare, includendo nella lista – accanto a quelli tradizionali e sociali – anche quelli informatici: tra questi ultimi, figura anche l’uso delle chat in modo ingannevole. Se tale indicazione può sembrare scontata per ogni persona di buon senso, evidentemente ciò non lo è per tutti. Difatti, in questi giorni un disoccupato cinquantenne di Palermo è stato citato in giudizio proprio con l’accusa di aver adescato, su Facebook, una ragazzina di 16 anni.

Come la cosa sia iniziata, è facile intuire. L’uomo avrà visionato il profilo poco privato della ragazzina, l’avrà vista candida ed ingenua – eppure già donna nel fisico – e l’avrà contattata. Tac: parte la richiesta di amicizia che la fanciulla, sedicenne, ha accettato. Per carità: si possono anche avere contatti “adulti” sui social. Il problema, nel caso in questione, è venuto dopo. Sono iniziate delle chat, dapprima normali e tranquille, poi – via via – più allusive: alla fine si è arrivati alla classica richiesta di foto, richiesta – pure questa – esaudita. L’uomo, ottenebrato del desiderio, ha spinto sull’acceleratore ed ha accluso provocazioni sempre più hot nelle sue conversazioni chattistiche e la ragazzina si è lasciata strappare, progressivamente, foto sempre più discinte. Sino a che non si è spogliata mostrando le parti intime.

La cosa poteva finire male. Per fortuna la madre della ragazzina, gettando un occhio al suo computer, ha notato la conversazione e la piega che quest’ultima aveva preso. In pratica era nata una vera e propria relazione virtuale che stava per mutarsi in reale visto che l’uomo aveva chiesto un incontro in presenza. Notando questo particolare, la signora – evidentemente allarmata – è corsa dai carabinieri a raccontare il fatto e, così, sono partite le indagini che hanno portato l’uomo ad essere citato in giudizio per adescamento di minore.

Il cinquantenne palermitano, tramite i suoi legali, si è difeso spiegando di non conoscere la reale età della ragazzina ma il pubblico ministero, Claudio Camilleri, non gli ha creduto e, a ragione, visto che in alcune chattate l’uomo rassicurava la ragazza, dicendole di non guardare alla differenza di età (“non conta”).

A questo punto il disoccupato palermitano di 50 anni rischia grosso. Cosa in particolare? Che gli venga contestato l’articolo 643 del Codice Penale che, tra i vari commi, spiega che “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da duecentosei euro a duemilasessantacinque euro”. Dai due ai sei anni di carcere e una multa da 206 a 2065 euro, quindi.

Di sicuro, il fatto che un disoccupato cinquantenne di Palermo sia stato citato in giudizio per aver adescato una minorenne fa molto riflettere sulle recenti parole del Garante della Privacy, Antonello Soro, in occasione del Data Privacy Day quando l’illustre esperto nostrano spiegò che, ormai, si tendono ad usare policy d’uso, piattaforme ed app senza la minima percezione dei pericoli che ciò può comportare, o delle relative conseguenze di una condotta meno che prudente. Eh già.

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