Cervelli in fuga, la storia di Elena:"in America valgo 2 milioni di dollari"

Un altro tassello si aggiunge al mosaico triste dei nostri cervelli in fuga dall'Italia alla ricerca i un ruolo e di una posizione riconosciuta ed apprezzata, anche economicamente.

Cervelli in fuga, la storia di Elena:"in America valgo 2 milioni di dollari"

Non passa giorno senza che qualche nuova storia di cittadini valenti italiani all’estero giunga alla ribalta e dimostri come, in Italia, il trascorrere del tempo non incide sul cambiamento delle realtà accademiche e lavorative. La storia di Elena Savoia, 43enne di Mirano in provincia di Venezia, è emblematica della situazione descritta.

Laureatasi giovanissima in medicina presso l’università di Bologna, emigra in America, dove si aggiudica alcune borse di studio per continuare le sue ricerche e, a distanza di 20 anni, ricopre un ruolo di altissimo prestigio presso la famosissima università di Harvard, nel Massachusetts. La dottoressa Savoia è vice-direttore del Programma per l’addestramento e la ricerca sulle grandi emergenze di sanità pubblica, ruolo di enorme rilevanza accademica e di responsabilità con una ricaduta significativa anche a livello di bilancio economico.

I fondi per la ricerca, gestiti dal gruppo di ricercatori che fa capo a lei valgono circa 2 milioni di dollari all’anno ed anche le istituzioni pubbliche investono inmodo considerevole nella ricerca da lei capeggiata. “Abbiamo l’appoggio degli investimenti pubblici – afferma la dottoressa – perchè i risultati arrivano e sono anche importanti”.

Con questi soldi non solo si finanzia la ricerca, ma si pagano anche i ricercatori e quanti lavorano alla realizzazione dei progetti. Tutto questo in Italia non sarebbe stato altro che un miraggio. L’università di Bologna, ricorda con amarezza la dottoressa Savoia in un’intervista rilasciata recentemente, nel giro di 13 anni non ha ancora varato un protocollo per istituire un dottorato di ricerca nella disciplina in cui la dottoressa poteva essere candidata.

In Italia, dopo decenni di gavetta, un ricercatore guadagna meno di un terzo di quanto guadagnerebbe all’estero durante il primo anno di ricerca. Purtroppo il panorama accademico italiano stagna nelle sabbie mobili dela clientelismo, della mancanza di fondi istituzionali e della mancanza assoluta di conoscenza del significato della parola meritocrazia.

Continua a leggere su Fidelity News