Bari, 21 arresti tra clan mafiosi: in manette anche politico

Sono stati 21 gli arresti effettuati dalle forze dell'ordine in seguito ad una lunga indagine antimafia condotta sul territorio di Bari. Documenti confermano il condizionamento delle elezioni regionali 2015.

Bari, 21 arresti tra clan mafiosi: in manette anche politico

Bari ha vissuto una piccola purga di criminali negli ultimi giorni, grazie ad un’operazione antimafia condotta dai carabinieri che ha preso in analisi in particolare i cosiddetti “scambi di voti” relativi alle elezioni regionali del 2015. Tra il reati documentati figura infatti anche il condizionamento delle elezioni regionali relative a maggio dell’anno scorso, tant’è che fra gli arrestati figura anche un politico.

L’operazione è stata lanciata su vasta scala con un massiccio dispiegamento di forze – più di 300 carabinieri impegnati a svolgere arresti e perquisizioni – e con l’ausilio delle unità cinofile nonché di metal detector, e persino di un elicottero.

Nel mirino delle forze dell’ordine erano finiti gli affiliati del clan mafioso dei Di Cosola, uno dei più antichi e potenti gruppi criminali operanti nella provincia di Bari i quali, dopo aver subito severi colpi negli ultimi anni, erano riusciti a riorganizzarsi per ritentare l’ascesa grazie ad accordi stipulati con altre realtà malavitose pugliesi.

L’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia ha così permesso di smantellare nuovamente i De Cosola prima che potessero riacquisire il loro vecchio potere militare. Le accuse delle quali dovranno rispondere a vario titolo i 21 arrestati sono quelle di scambio elettorale politico-mafioso, associazione di tipo mafioso e coercizione elettorale in corso.

Tutto è partito da intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno permesso agli inquirenti di capire che i Di Cosola si stavano muovendo per affiliarsi ad altri clan di Bari allo scopo di eliminare dalla scena i rivali degli Strisciuglio. L’apice di questa nuova scalata venne raggiunto proprio con l’alterazione delle elezioni regionali del 2015, quando il politico arrestato patteggiò con i mafiosi un compenso di 50 euro per ogni voto procurato illegalmente.

 

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