Aragoste vive in frigo: ristoratore condannato

La cassazione si è pronunciata sul ricorso promosso da un ristoratore di Campi Bisenzio, condannato per aver detenuto sul ghiaccio aragoste e granchi vivi, con le chele legate. La vicenda era scaturita da un esposto presentato a ottobre del 2012 dalla LAV.

Aragoste vive in frigo: ristoratore condannato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un ristoratore di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, condannato ad un’ammenda di 5.000 euro per aver detenuto sul ghiaccio aragoste e granchi vivi, con le chele legate.

L’esposto della LAV (Lega Anti Vivisezione) era stato presentato nell’ottobre del 2012, denunciando la condizione di immane sofferenza di alcuni crostacei. Gli agenti della Polizia municipale avevano effettuato due sopralluoghi: all’interno di due frigoriferi, erano stati rinvenuti aragoste e granchi vivi, con le chele legate, esposti a temperature tra 1,1 e 4,8 gradi centigradi.

La condanna a carico del titolare del ristorante, emessa ad aprile del 2014 dal Tribunale di Firenze ai sensi dell’art. 727 del Codice penale, confermata oggi dalla Corte di Cassazione, si basa, spiega la LAV, sul principio che i crostacei sono in grado di provare dolore e di averne memoria, modificando così il loro comportamento. Pertanto la detenzione di tali animali vivi a temperature prossime allo zero, e con le chele legate, configura un reato”.

Per la LAV, una vittoria ad ampio spettro: “La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un pronunciamento giudiziario che potrà produrre due effetti. Le Forze di Polizia dovranno intervenire in seguito alle denunce di cittadini e associazioni per le diffusissime analoghe situazioni in pescherie e supermercati, considerate finora normali, e il Parlamento dovrà emanare una norma di chiaro divieto”.

L’avvocato dell’ente, Francesca Gramazio, ha commentato la sentenza dicendo che dimostra come le norme sul maltrattamento possono riguardare tutti i tipi di animali, anche i crostacei.
Con le numerose campagne di sensibilizzazione, la LAV – nei suoi 40 anni di vita – ha modificato le coscienze sulle tematiche concernenti i diritti degli animali, il rispetto del diritto alla vita, alla dignità e alla libertà di ogni individuo, umano e non umano.

Speriamo che la condanna del ristoratore possa accrescere la tempestività degli interventi, quando i cittadini denunciano reati di maltrattamento sugli animali. Talvolta, dinnanzi alla richiesta di aiuto, si rimane isolati, nell’incapacità immediata di porre fine alle sofferenze degli innocenti.

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