Le Google Cars riprendono le strade e intercettano il nostro Wireless?

Secondo alcune vicende giudiziarie emerse in Spagna, e negli USA, le Google Cars sarebbero state beccate non solo a scattare foto ma anche a sniffare le reti aperte (il che non vuol dire solo pubbliche) ricavandone ogni ben di Dio di informazioni...per sbaglio

Le Google Cars riprendono le strade e intercettano il nostro Wireless?

Google Maps è stato creato nel 2004 per consentire agli utenti di crearsi dei percorsi personalizzati, da meta a destinazione, a seconda dei veicolo che intendevano usare: auto, biciletta, mezzi pubblici o…piedi.

Dopo poco tempo il servizio fu acquistato da Google che, nel 2008, lo impreziosì con Google Street per consentirci di vedere le immagini dei luoghi posti durante il nostro tragitto. Per creare questi percorsi visivi, a 360° gradi, si utilizzarono – allora come oggi – le famose Google Cars che, di recente, sono finite al centro della cronaca giudiziaria, sia negli Stati Uniti che in Spagna.

In Spagna, in particolar modo l’AEPD, ovvero Agenzia spagnola per la protezione dei dati, aveva scoperto che le Google Cars in questione erano dotate, oltre che di una fotocamera circolare, anche di potentissime antenne in grado di recuperare tutti i dati delle reti aperte e altre informazioni inerenti differenti tipi di reti.

Il processo che è scaturito da questo riscontro è partito in ritardo a causa di alcuni problemi burocratici (occorreva stabilire prima se tale comportamento di Google costituisse o meno reato) ma, poi, ha “ingranato” decisamente la marcia.

In particolare un ingegnere spagnolo, Miguel Angel Gallardo Ortiz, ha osservato – durante il processo – come le antenne delle Google Cars siano potenti ed in grado di compiere una serie di comportamenti che vanno dallo spionaggio istituzionale (e industriale) alla semplice, ma non meno invasiva, raccolta di informazioni per il marketing georeferenziato. Google, per bocca del suo avvocato spagnolo, ha dichiarato che Mountain View era così ansiosa di lanciare un servizio innovativo che non ha calcolato bene le conseguenze di una tale tecnologia: per questo motivo la raccolta di dati, se pure c’è stata, non è avvenuta in modo intenzionale.

La Corte ha dato ragione al gigante della ricerca ma l’ingegner Gallardo Ortiz non si è dimostrato per nulla convinto ed ha annunciato ricorso sostenendo che una tecnologia del genere “non si sviluppa per caso e che, quindi, Google NON poteva NON sapere”…

Continua a leggere su Fidelity News