"Art Déco – Gli anni ruggenti in Italia" in mostra a Forlì

La mostra "Art Déco - Gli anni ruggenti in Italia", in programma ai Musei San Domenico di Forlì dall’11 febbraio al 18 giugno 2017, decanta l'energia dirompente del fenomeno Déco che ha attraversato il decennio dal 1919 al 1929 .

"Art Déco – Gli anni ruggenti in Italia" in mostra a Forlì

La mostra “Art Déco- Gli anni ruggenti in Italia” realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, in collaborazione con il Comune di Forlì, rende onore alla produzione artistica nazionale ed europea fiorita negli anni venti.

Il fenomeno Déco è esploso nel decennio 1919-1929 comprendendo arredi, ceramiche, vetri, metalli lavorati, stucchi, bronzi, gioielli, argenti, abiti. Il livello della produzione artigianale e industriale raggiunse vette altissime, contribuendo alla nascita del design e del Made in Italy.

L’Art Déco era un forma d’arte trasversale, derivante dall’Art Nouveau, che integrava alla pittura, molte arti minori e l’artigianato, imponendosi contro la pianificazione indotta dall’industrializzazione in procinto di permeare tutti gli aspetti della vita. Il termine Art Déco derivava dalla dizione Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes (Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne), tenuta a Parigi nel 1925, ove avvenne il trionfo della raffinatezza della decorazione francese applicata a varie categorie di artigianato artistico; dall’ebanisteria, agli accessori di moda, al ferro battuto, al vetro colorato, alla gioielleria ed alle decorazioni.

Un sapore, una fascinazione, un linguaggio che hanno caratterizzato la produzione artistica italiana ed europea negli anni Venti. Art Déco fu uno stile di vita eclettico, mondano, internazionale, l’effimera ricerca della delizia esistenziale della borghesia europea dopo la disintegrazione, nella Grande guerra, degli ultimi miti ottocenteschi. Dieci anni ‘ruggenti’, dissoluti, della grande borghesia internazionale, mentre la guerra, le rivoluzioni e l’inflazione stavano gettando le basi per i cupi totalitarismi. La relazione con il Liberty, precedente cronologicamente, fu dapprima nella sua naturale continuità, per affrancarlo in seguito e porsi, infine, in contrapposizione.

L’idealismo dell’Art Nouveau era in netto contrasto con il razionalismo del Déco. Il concetto di modernità, nella produzione industriale dell’oggetto artistico, nell’espressione quotidiana della bellezza si trasfigurò notevolmente: il superamento della linea flessuosa, asimmetrica, delle forme organiche legate agli ornamenti floreali, consentì la nascita di un nuovo linguaggio artistico. Le avanguardie storiche e la rivoluzione industriale sostituirono al mito della natura, l’effige della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le forme geometriche dei grattaceli, le luci artificiali della città.

L’Art Déco era uno stile sintetico e contemporaneamente aerodinamico e opulento, negazione all’austerità imposta dagli anni della guerra mondiale e dalla derivante crisi economica. Le forme caratteristiche dell’Art Déco, erano  motivi e sagome di animali, il fogliame tropicale, le ziggurat, i cristalli, i motivi solari e i getti d’acqua. La figura femminile assunse forme allungate, agili ed atletiche, con abiti lisci o plissettati, poco vaporosi. I motivi, ripetuti in tutti i materiali, venivano tratti dalle arti “primitive”, come quella africana, antiche come l’egiziana, l’azteca, classiche come la scultura e i vasi Ellenici del periodo geometrico e arcaico.

L’idea di questa mostra nasce nell’ambito di una riscoperta della cultura e dell’arte degli anni Venti e in particolare di quel gusto definito “Stile 1925”, dall’anno dell’Esposizione universale di Parigi dedicata alle Arts Décoratifs nel 1925. Lo stile Déco forgiò le sale cinematografiche, le stazioni ferroviarie, i teatri, i transatlantici, i palazzi pubblici, le grandi residenze borghesi.

L’impronta stilistica distinguibile influenzò i diversi livelli di tutta la produzione delle arti decorative, dagli arredi alle ceramiche, dai vetri ai ferri battuti, dall’oreficeria ai tessuti, alla moda negli anni Venti e nei primissimi anni Trenta, così come la forgia delle automobili, la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura in funzione decorativa. Trattandosi di un vero e proprio stile di vita non mancarono influenze e corrispondenze con il cinema, il teatro, la letteratura, le riviste, la moda, la musica: la Scala, Hollywood, Il grande Gatsby (1925) di Francis Scott Fitzgerald, Agata Christie, Gabriele D’Annunzio, Metropolis di Fritz Lang. Nello spettacolo, l’Art Déco trova negli scenari e nei costumi scenici di Léon Bakst, per i Balletti Russi di Diaghilev, la massima espressione.

L’Art Déco è stata caratterizzata dall’uso di materiali quali lacca, legno intarsiato, pelle di squalo o di zebra, acciaio inossidabile, alluminio, vetro colorato. Dopo aver raggiunto la produzione di massa, iniziò la propria decadenza, poichè si diffuse l’idea che prodigasse una falsa immagine del lusso. Lo stile fu stroncato dall’austerità della seconda guerra mondiale e la passione per l’esotico venne espressa nell’importazione di oggetti dagli Stati Coloniali, come l’India o dall’Eritrea e dalla Somalia per l’Italia. Dal superamento dell’Art Déco principia il  Modernismo. Si verificò un nuovo interesse negli anni ’80, grazie al design grafico, che traspose nella pubblicità, nella moda, nella gioielleria un richiamo ai film noir ed alla moda degli anni ’30.

Le Secessioni mitteleuropee, il Cubismo e il Fauvismo, il Futurismo respirarono i principi di questo nuovo stile. Numerosi artisti ne presero parte: Picasso, Matisse, Lhote, Schad. La mostra ha una declinazione soprattutto italiana. La vitalità dirompente ed innovativa del fenomeno Déco – con arredi, ceramiche, vetri, metalli lavorati, tessuti, bronzi, stucchi, gioielli, argenti, abiti – ha contribuito alla nascita del design e del “Made in Italy”.

Negli anni Venti il mercato, satollo di richieste e novità, era pur sempre legato alla tradizione dell’artigianato artistico italiano. La produzione raggiunse traguardi prorompenti: gli impianti di illuminazione di Martinuzzi, di Venini e della Fontana Arte di Pietro Chiesa, le ceramiche di Gio Ponti, Andlovitz, le sculture di Wildt, Martini e Andreotti, le statuine Lenci, le sculture di  Tofanari, le bizantine oreficerie di Ravasco, gli argenti dei Finzi, gli arredi di Buzzi, Ponti, Lancia, Portaluppi, le sete preziose di Ravasi, Ratti e Fortuny, gli arazzi in panno di Depero.

In Italia, una mostra completa dedicata a questo variegato mondo di invenzioni non è mai stata allestita. Obiettivo dell’esposizione è mostrare il livello qualitativo, l’originalità e l’importanza che le arti decorative moderne hanno avuto nella cultura artistica italiana caratterizzando le arti figurative: la grande pittura e la grande scultura.

La mostra raccoglie le opere di Galileo Chini, pittore e ceramista,  Zecchin e Andlovitz, ispirati da Klimt e dalla Secessione viennese, le invenzioni del secondo futurismo di Depero, Balla e Mazzotti, i dipinti – tra gli altri – di Severini, Casorati, Martini, Cagnaccio di San Pietro, Bocchi, Bonazza, Bucci, Marchig, Oppi, Metlicovitz.

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