L’ambiente dimenticato: il Green Act e quelle promesse non mantenute

Il Green Act è stato annunciato nel 2015 come una riforma che avrebbe dovuto salvaguardare l'ambiente in Italia, ma finora le promesse sono state largamente disattese. Ecco la situazione.

L’ambiente dimenticato: il Green Act e quelle promesse non mantenute

La salvaguardia dell’ambiente è uno dei temi d’attualità più discussi di questi tempi, a causa soprattutto delle recenti preoccupazioni di scienziati e ricercatori di tutto il mondo in relazione all’oramai acclarata insostenibilità dei modelli industriali e consumistici che caratterizzano e regolano le dinamiche della società moderna.

Per questa ragione il 2 gennaio 2015 il premier Matteo Renzi aveva annunciato il Green Act, una manovra atta a tutelare l’ambiente che avrebbe dovuto garantire il primo passo verso un’Italia più vivibile e pulita. “Facciamo sul serio: sarà un buon 2015” aveva promesso allora il primo ministro, arringando i propri sostenitori sulla necessità di riformare.

Tuttavia gli entusiasmi vennero presto raffreddati quando, dopo le dichiarazioni entusiaste del coordinatore di Palazzo Chigi Erasmo De Angelis relative al 18 giugno 2015 (“Il Green Act è in lavorazione e il ministro Galletti lo presenterà a breve“), a novembre arrivò la delusione: niente piano di riforme prima del COP21, la celebre conferenza internazionale sul clima tenutasi a Parigi nel dicembre dello stesso anno.

L’accordo è stato ratificato con successo anche da Cina e Stati Uniti d’America, una volta compresa la portata della catastrofe ecologica in atto. E l’Italia? Se persino dalle parti di Pechino hanno compreso la necessità di iniziare a tutelare l’ambiente rispetto alle esigenze industriali, in Italia la questione è slittata nuovamente avanti, come fosse null’altro che una postilla a piè pagina.

La nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza relativa al bilancio di questo autunno ha infatti riservato una doccia fredda per coloro che ancora speravano nelle promesse di Renzi: il piano di riforme non verrà preso in considerazione almeno fino al 2017. In tutto ciò la legge sugli Ecoreati e l’ecobonus per la riqualificazione energetica dei condomini, per quanto rappresentino dei progressi, non sono che palliativi se comparati alle promesse originali.

Tant’è che lo stesso vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini ha reso noto che: “Non è vero che gli investimenti in innovazione e ricerca, nella riqualificazione delle città debbano essere rinviati a tempi migliori, a quanto saremo fuori dalla crisi. E non è certamente l’Unione Europea l’ostacolo per queste politiche, visto che da anni chiede all’Italia di spostare la tassazione, che oggi pesa sul lavoro, verso il consumo delle risorse ambientali“.

Considerazioni che, al netto delle enormi difficoltà ambientali odierne che affliggono la nostra penisola (“L’aria in pianura padana è la peggiore d’Europa, a Taranto i bambini continuano ad ammalarsi di tumore con percentuali molto al di sopra della media nazionale” e Roma è ancora sommersa dall’emergenza rifiuti), appaiono ben più che legittime. Ma per riuscire a cambiare realmente qualcosa, promettere non basta più.

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