In Italia record di aree protette ma ancora troppo cemento

Nonostante in Italia crescano metà di tutte le specie floreali europee, la cementificazione è sempre in aumento, così come le temperature. Rilasciato il "Primo rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia".

In Italia record di aree protette ma ancora troppo cemento

Il riscaldamento globale del nostro Paese è il più alto rispetto ai livelli internazionali, nonostante abbiamo il record di fauna, flora ed aree protette. Tutta colpa della cementificazione che avanza senza interruzioni e che porta ad alte temperature e inquinamento anche nelle zone italiane più selvagge. E’ allarmante il dato sul riscaldamento globale in Italia, aumentato mediamente di 1,53 °C dal 1961 al 2015, rispetto all’aumento medio di 1,23 di tutti gli altri Paesi del mondo. Inoltre, si è registrato uno scioglimento atipico dei ghiacci sulle Alpi, poichè abbiamo avuto 26 notti tropicali in più, chiamate così perchè le temperature vanno oltre i 20 °C.

Il Ministo dell’Ambiente ha consegnato al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia il “Primo rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia”, un documento innovativo che fa il punto della situazione sul legame tra benessere sociale, stato dell’ecosistema e prospettive economiche del Bel Paese. Questo documento divide l’Italia in Ecoregioni e ne valuta il loro stato di conservazione e identifica le priorità per ripristinare il mantenimento di determinate zone e il loro potenziamento. Inoltre, il Rapporto ha anche valutato economicamente il Capitale Naturale, contabilizzandolo e, in funzione di questa stima, ha anche individuato gli obiettivi da raggiungere, stilando delle raccomandazioni come quella di rafforzare il sistema di aree protette terresti e marine, valutare i costi collettivi derivanti dal consumo di risorse naturali e dall’inquinamento.

La valutazione ha portato all’identificazione di 73 ecosistemi, di cui 19 ad alto stato di conservazione, 18 a medio stato e ben 36 a basso stato di conservazione. Quest’ultimi ecosistemi interessano soprattutto le zone forestali della Pianura Padana, alcune fasce costiere, zone di acqua dolce, pianure e colline.
Il problema maggiore è che, nonostante le aree protette naturali siano in aumento, si registra un aumento anche dello sfruttamento sconsiderato di risorse.

Il problema maggiore è lo sfruttamento del suolo, basti pensare che ne spariscono 35 ettari al giorno per costruire edifici e strade. Le zone edificate sono aumentate anche nelle regioni che hanno visto un calo della popolazione come Molise, Calabria, Liguria e Basilicata. La conseguenza è una nuova e pericolosa espasione del tessuto urbano, da città compatte si trasformano in città infinite.

Subito in coda troviamo l’inquinamento dei mari, arrivando a registrare che ben il 40% dei mari italiani non è in buona salute, si salvano solo le zone costiere della Sardegna e di alcuni tratti della costa Appenninica.
Non sono più gli scarichi cittadini a inquinare il mare, anzi, sono sempre più in diminuzione le sostanze inquinanti, ma è con la pesca che si sfrutta troppo la nostra risorsa ittica, arrivando addirittura a uno stato di sovrasfruttamento. In termini economici, il valore di acquacultura e pesca è di 920,7 miliardi l’anno (dato del 2014).

Con l’aumento del commercio e del riscaldamento del Mar Mediterraneo sono arrivate in Italia, dal Secondo Dopoguerra ad oggi, circa 2700 specie esotiche di cui oltre 1500 animali e poco meno di 1100 vegetali, tra cui funghi e batteri. La maggior parte di queste nuove specie è dannosa per l’uomo e per l’ecosistema italiano.
Il rischio di estinzione per fauna e flora italiana aumenta sempre di più, la causa è da ricercarsi soprattutto nell’inquinamento e nella perdita o modifica dell’habitat naturale.

Il dato positivo del Rapporto è che le aeree protette sono le più estese del mondo e che come sono aumentate le superfici delle città sono aumentate anche quelle dei boschi, ottenendo meno zone coltivate e pascoli. Sono diminuiti i terreni coltivati a seminativo e gli agrumeti, ma sono aumentate le risaie, gli uliveti e i vigneti. La perdita di superfici di suolo agricolo vale 424 milioni di euro l’anno.

Altro dato positivo è la diminuzione di inquinamento dell’aria, anche se la zona più inquinata resta la Pianura Padana dove la situazione è critica a causa di elevate quantità di ozono troposferico, biossido di azoto e particolato atmosferico. E proprio queste situazioni critiche portano a 91.050 morti premature, un record negativo rispetto ad altri Paesi europei.

La città con più verde pubblico è Reggio Calabria, circa 104 metri quadrati per abitatente, la peggiore invece è Genova dove a stento ci sono 6,3 metri quadrati per abitante. 
Infine, ci sono troppi Piani di intervento varati dall’Italia per risolvere la situazione, ben 61 che spesso si sovrappongono e ostacolano l’un l’altro, quindi è urgente concretizzarli e riunirli più efficacemente. Tutto ciò ha portato a 55722 milioni di euro di imposte ambientali, di cui è utilizzato solo l’1,03 per la protezione ambientale. L’82% di questa somma sono accise sui prodotti energetici, meno del 1% è costituito da imposte su risorse naturali o superfici inquinanti e il 17% da imposte sui veicoli da trasporto.

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